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Smart working, dal diabete alle trombosi: i danni alla salute

Luca Puccini
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Ci sono gli aspetti positivi: le aziende che non hanno chiuso, durante il Covid, e che hanno stretto i denti perché i dipendenti potevano lavorare da remoto, con un risparmio anche sensibile sulla bolletta della luce (della ditta, però). E ci sono gli aspetti negativi: ché mica è facile organizzarsi per lavorare a casa, ci sono i tempi da far quadrare, se non vivi da solo, se hai i bimbi che giocano in salotto, se tua moglie sta facendo lo stesso (cioè sta lavorando) collegata col pc al suo ufficio ma dalla cucina, se non vuoi finire a rispondere alle email anche a mezzanotte.

Ma poi ci sono anche gli aspetti più preoccupanti, quelli che riguardano addirittura la salute: perché dici smart-working (o lavoro da remoto, telelavoro, che sarebbe una dizione un filino più propria) e significa anche rischi per la salute. A sostenerlo, quantomeno, è il quotidiano statunitense The Hill che, qualche mese fa, ha sottolineato come il ricorso all’ufficio-casa di massa con la pandemia potrebbe essere correlato a una serie di patologie mica da scherzo. Malattie che vanno dalle difficoltà a prendere sonno su su fino a disturbi della salute mentale ben più gravi e anche a trombosi.

 

 

È un po’ il rischio di una vita troppo sedentaria: stai sempre lì, seduto davanti allo schermo di un computer, però un conto è se quello schermo è in casa, magari in camera da letto, e un altro è se devi prepararti, uscire, prendere una macchina, magari un tram, camminare qualche isolato per raggiungere la sede dell’azienda che ti paga lo stipendio. Secondo Upright, che è un app della salute, il lavoratore da remoto percorre mediamente solo sedici passi dal suo letto alla postazione-scrivania: e il mal di schiena è dietro l’angolo.

 

 

Ancora. L’università di Standford rileva che negli Usa (possiamo immaginare sia più o meno lo stesso qui) ad aprile 2020 il 40% delle persone passava più di otto ore seduta al giorno. Stili di vita come questo possono influire su problemi come le trombosi venose, ma anche sull’aumento di peso eccessivo e quindi sulle malattie cardiovascolari, sul diabete, sul peggioramento della vista (fissare uno schermo acceso per troppo tempo di seguito, magari senza lenti adeguate, bene non fa) e sulle emicranie. Senza contare lo stress. Ti suona il telefono a qualsiasi ora. Sei praticamente sempre reperibile. Non riesci a staccare, non hai fisicamente un luogo di riposo perché il luogo di riposo per antonomasia (casa tua) coincide con quello di lavoro, subisci una commistione tra vita privata e vita lavorativa. Insomma, non è stata una passeggiata di salute l’accesso di massa al lavoro da remoto. Ci ha aiutato, è vero, durante la pandemia. Ma non per questo è stato per tutti una panacea.

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