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Alfa, "si chiama Milano e non può essere fatta in Polonia": Stellantis, l'ultimo caso

Antonio Castro
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Una volta spacciavano la “Zottarella” come mozzarella made in Spain. Adesso anche le auto prodotte fuori dallo Stivale rischiano di fare la stessa fine. E il ministro per le imprese, Adolfo Urso corre ai ripari consapevole dei rischi che il vero Made in Italy a quattro ruote può correre sfruttando l’italian sounding declinato nel comparto automobilistico al capitolo marketing.

Ieri il titolare del dicastero di Via Veneto- a margine dell’inaugurazione della Casa del Made in Italy a Torino a proposito della nuova Alfa Romeo denominata “Milano” - ha messo le mani avanti per avvertire. «Un’auto chiamato Milano», ricorda il ministro. «non si può produrre in Polonia. Questo lo vieta la legge italiana che nel 2003 ha definito l’Italian Sounding, una legge che prevede che non bisogna dare indicazioni che inducano in errore il consumatore. Indicazioni fallaci legate in maniera esplicita alle indicazioni geografiche. Quindi un’auto prodotta Milano si deve produrre in Italia, altrimenti si da un’indicazione fallace che non e consentita dalla legge italiana». Il ministro delle Imprese e del Made in Italy.

Anzi la sfida all’ex Lingotto è molto più estesa. «Noi», avverte Urso, «stiamo lavorando per mettere in condizione Stellantis di produrre almeno un milione di veicoli nel nostro Paese. Per sostenere il sistema dell’indotto e assolutamente necessario arrivare a 1,4 milioni di veicoli», ribattendo così ai vertici dell’ex Fiat: «Se Stellantis ritiene di poterlo fare ben venga altrimenti e inevitabile che ci sarà spazio per un’altra o più altre case automobilistiche». Avvisando- semmai ce ne fosse ancora bisogno - che «siamo un libero mercato. Possiamo e dobbiamo incentivare investimenti italiani o esteri ovviamente nelle regole del libero mercato e su questo ci stiamo confrontando con chi ritiene di costruire stabilimenti produttivi in Europa».

 

Conti alla mano l’esponente di Fratelli d’Italia - che già nei passati governi aveva guidato il ministero delle imprese e dell’export- ha voluto sottolineare che «il divario tra auto prodotte e immatricolate e amplissimo, il più ampio d’Europa. Perché Stellantis produce in Italia 450mila vetture e i due terzi per l’esportazione a fonte di 1,4 milioni di auto immatricolate.

Quindi un’Italia ci sono già altri produttori che coprono la metà del mercato interno», sottolinea l’agenzia specializzata Gea. Ma non c’è chiusura sul futuro a patto che la casa automobilistica della famiglia Agnelli - nonostante le nozze con i francesi - continui ad investire nel nostro Paese. Il ministro ha ribadito la volontà del governo «di collaborare al meglio con Stellantis. È importantissimo che si giunga a concretizzare questo piano per produrre un milione di veicoli. Il governo italiano farà la sua parte ma le carte devono essere chiare». Insomma, assicura Urso, sono fiducioso che riusciremo a portare termine questo progetto», ha tagliato corto.

 

 

Quanto ai futuri partner da coinvolgere Urso si avventura nelle indiscrezioni che alimentano il mondo dell’automotive: «Mi risulta che il partner cinese di Stellantis intende realizzare uno stabilimento in Europa e sta ragionando se farlo in Polonia o in altri Paesi. Potrebbe farlo in Italia, ben venga». L’arrivo di un produttore automobilistico cinese in Italia non è del tutto remota: «In Spagna ci sono 7 case automobilistiche, in Francia Polonia Germania Slovacchia Ungheria 5 o 6 . L’Italia è l’unico caso in Europa dove c’è solo una casa automobilistica, che non riesce a soddisfare le esigenze del mercato interno. È un’anomalia che va colmata», ha aggiunto il ministro.

Quanto al coinvolgimento europeo Urso ha sottolineato che anche Bruxelles si sta rendendo conto che «sta cambiando tutto il sistema automotive in Europa.
Sulla competitività del sistema industriale europeo, tutti sanno che l’Europa necessariamente e sempre più velocemente dovrà fare quello che hanno fatto gli Stati Uniti per tutelare il proprio sistema industriale dalla concorrenza sleale e affermare una competitività a livello globale». Urso, a margine dell’inaugurazione del Comptence Center Cim4.0 di Torino-Mirafiori ha osservato come «la Commissione europea si è finalmente resa conto della necessità di contrastare la concorrenza sleale».

Non a caso si sta accertando «se ci siano state violazioni di mercato, per esempio con sussidi, sovvenzioni pubbliche sia per la produzione di pannelli solari cinesi sia per quanto riguarda la produzione di tecnologia e impianti eolici cinesi sia per quanto riguarda la produzione di veicoli elettrici cinesi che vengono importati in Europa».

 

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