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La mossa del soviet Rai: sciopero contro il governo

Daniele Priori
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La Rai “si libera” dalle vessazioni dei partiti e dalle censure immaginarie del governo con uno sciopero proclamato per il prossimo 6 maggio e annunciato nel bel mezzo delle piazze del 25 Aprile più violento degli ultimi anni dai giornalisti del sindacato di sinistra (e fino a poco tempo fa unico), l’Usigrai. «L’incontro di raffreddamento con l’azienda - spiegano una nota - si è risolto con un nulla di fatto, motivo per cui confermiamo il nostro stato d’agitazione. Sentita la commissione garanzia, è stato proclamato uno sciopero di 24 ore, con astensione dal lavoro dalle 5.30 di lunedì 6 maggio. Alla protesta non potranno aderire i giornalisti del Giornale Radio Rai che già avevano proclamato per conto loro una serrata delle radio-news per domani, sabato 27 aprile contro l’ipotesi di accorpamento del Gr Sport con Rai Sport e di Gr Parlamento con Rai Parlamento che svuoterebbe Radio1 della sua vocazione all news senza alcun vantaggio per la testata e l’azienda».

 

Lo sciopero è il primo di un pacchetto di cinque giornate preannunciate la scorsa settimana. Fra i motivi della protesta sono indicati «il controllo asfissiante sul lavoro giornalistico, con il tentativo di ridurre la Rai a megafono del governo, l’assenza dal piano industriale di un progetto per l’informazione della Rai, le carenze di organico in tutte le redazioni, il no dell’azienda ad una selezione pubblica per giornalisti, la mancata sostituzione delle maternità, la disdetta dell’accordo sul premio di risultato, senza una reale disponibilità alla trattativa, la mancata stabilizzazione dei colleghi precari».

 


È una narrazione costruita alla perfezione che parte di fatto dall’auto-oscuramento di Scurati, fino ad arrivare a rendersi parte della coreografica gazzarra antigovernativa sullo sfondo delle piazze ieri quanto mai in subbuglio. Tutto in perfetto stile quasi cinematografico. Tutto insufficiente quanto ovviamente non dichiarato sfregio anche alle parole del Capo dello Stato, Sergio Mattarella che per l’intera giornata di ieri ha continuato ad auspicare – sufficientemente inascoltato – memoria condivisa e pluralismo come «condizione di libertà irrinunciabile». L’unico probabilmente ad ascoltarlo davvero, a giudicare dalle dichiarazioni che il cronista sindacalista rende a Libero, è Francesco Palese, segretario del sindacato Unirai che prende la palla al balzo e invita lo scrittore Antonio Scurati all’assemblea di Unirai in programma il 3 maggio. «Se vuole – ci dice – lo invito anche a casa mia e gli offro un caffè».

 

 

Secondo Palese che in mattinata dopo l’annuncio di Usigrai aveva subito rimandato al mittente l’invito a scioperare, prima con un post sulla pagina Facebook di Unirai, poi con una nota in cui vi era l’annuncio della non adesione a quello che è stato definito «uno sciopero politico». «Bortone avrrebbe dovuto solo convincere Scurati a prendere il treno e arrivare – ha spiegato ancora Palese a Libero - perché il contratto poi sarebbe stato perfezionato come è avvenuto in mille altri casi simili con altri ospiti in molte trasmissioni d’attualità». Il problema è che c’era da politicizzare, per cui Palese smonta ulteriormente le tesi di Usigrai: «Se depurano la convocazione dello sciopero dalle rivendicazioni politiche, siamo disponibili a scioperare insieme» ha precisato Palese che a conferma di ciò ha portato l’adesione di Unirari agli scioperi del comparto radiofonico. «Siamo contrari al piano aziendale di accorpamento di alcune testate. Per questo motivo non abbiamo esitato a scioperare lo scorso 25 marzo, con un’adesione di oltre il 90% tra i nostri iscritti del Giornale Radio» scrivono dal direttivo di Unirai – Figec – Cisal.

 

«Siamo e saremo in prima linea perla stabilizzazione dei precari e per un giusto contratto per chi opera nei programmi, così come saremo vigili perché il nuovo accordo sul premio di risultato, oltre ad avvantaggiare l’azienda con il ricorso a strumenti a tassazione agevolata, non penalizzi nessuno dei giornalisti, indipendentemente dal reddito. Tutte rivendicazioni serie, come la richiesta di apertura delle trattative per il rinnovo del contratto integrativo, che uno sciopero evidentemente politico e strumentale rischia solo di svilire e depotenziare».  «Sono disponibile anche a incatenarmi in viale Mazzini – conclude Palese – per far assumere i 250 colleghi precari ma non assieme a chi continua a utilizzare politicamente a senso unico lo strumento sindacale». In barba in primo luogo alle stesse dichiarazioni di Usigrai che continua a invocare una Rai libera dai partiti. Specie da quelli che non sono simpatici a loro.

 

 

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