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Usigrai, dopo anni di monopolio il soviet frigna perché non è più solo a comandare

Gianluigi Paragone
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Se Usigrai ancora sta lì a frignare è perché ha capito che il suo monopolio sindacale si è rotto e ha smesso di fare il bello e il cattivo tempo. Questo accade mentre le star del sindacato si leccano le ferite e sbraitano sulla mancanza di libertà in viale Mazzini. Lo sciopero non ha funzionato perché qualcuno si è rotto le scatole di subire e quindi ha mandato in onda i telegiornali. D’ora in avanti si farà così e tanti saluti ai piagnistei di penne che si autocertificano come imparziali detentori della deontologia. «Devo contrattare ogni parola», si lamenta la giornalista che finalmente gode dei suoi cinque minuti di popolarità. Me li ricordo tutti questi signori com’erano ossequiosi nel tempo di Mario Draghi: domandine banali, nessun accenno di reazione quando il Governatore dell’Italia se ne usciva con le sue sparate tipo «Chi non si vaccina, si ammala e poi muore», oppure «Preferite la pace o il condizionatore acceso?». E che dire di quanto a Palazzo Chigi c’era Conte e Casalino mandava le immagini da appoggiare ai servizi dei tg? O tanti anni prima con l’altro Mario al governo, il professor Monti?

LIBERTÀ DI SCELTA
L’Usigrai adesso blatera di censura, di diritti negati e altro, quando in Rai tutti sanno benissimo quale sia il peso di questo sindacato fortemente politicizzato a sinistra. Qualcuno si è messo di trasverso ed è un bel segnale di pluralismo, anzi di libertà. Adesso sì che in Rai c’è libertà di scelta e sono certo che gli iscritti all’Unirai, aumenteranno. Sia chiaro, non credo che la qualità dell’informazione e della televisione di viale Mazzini miglioreranno per il dualismo sindacale, ma sono certo che migliorerà l’aria per il solo fatto che si possa avere una scelta. Anche di non sottostare alle campagne di un sindacato che fa la guerra agli esterni che arrivano da altre aree culturali o che per anni non ha visto i precari a partita Iva la cui presenza rende possibili parecchi programmi.

 

 

MARTIRI À LA CARTE Nelle giornate di sciopero si va in onda, in ogni modo e in qualche modo. Volevano lo scontro? Ecco, hanno ottenuto lo scontro, questi martiri à la carte; questi personaggi che per anni hanno deciso chi dovesse andare in onda nei loro salotti e ora si permettono di ciarlare di libertà odi controllo dell’informazione. E lo dico potendo affermare che pure nella Rai di centrodestra io non ho mai avuto il piacere di poter presentare il mio precedente libro Moderno sarà lei o di godere particolari ospitate. Il che mi consente di poter parlare della Rai attuale con grande scioltezza non dovendo favori a nessuno. Non al centrodestra (cui rimprovero una incapacità assoluta di scrivere programmi o di caratterizzare i palinsesti); non al giro riconducibile a Usigrai e centrosinistra che ovviamente si sono sempre guardati bene dall’invitarmi. Pertanto che la Bortone e compagni vari parlino di censura, è francamente insopportabile.

 

In Rai, quest’azione di disturbo (che sostanzialmente si è concretizzata con la messa in onda del Tg1 e del Tg2), ha rotto il monopolio sindacale. Ma- come dicevo- non salva l’azienda da una crisi profonda, le cui colpe sono distribuite nel tempo ovunque. Alla fine è sempre il telespettatore a decidere cosa vedere: non mi sembra che la gente scenda in piazza perché ci sia oscurantismo. Ognuno vede i programmi che vuole e, con le nuove piattaforme, persino quando vuole. Usigrai sta difendendo solo il suo potere negoziale, Unirai - coraggiosamente - lo ha rotto creando finalmente un blocco e un bel precedente.
Ps. Quelli dell’Usigrai non hanno niente da dire sul fatto che molti giornalisti siano gestiti da agenti come fossero attori e cantanti? Lo sanno o no che il giro delle partecipazioni ai talk sono spesso condizionati dall’appartenenza a questo o a quell’agente?

 

 

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