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La Cina stravince sull'elettrico grazie a 230 miliardi di sussidi

Benedetta Vitetta
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I miliardi di sussidi statali elargiti alle aziende dell’automotive cinesi sono riusciti a portare in poco più di un decennio l’intero settore a dominare a livello planetario, ormai da mesi, il mercato delle auto alimentate a batteria, ossia le vetture completamente elettriche (le cosiddette Bev). In risposta a ciò, Usa ed Europa han deciso di imporre dazi sui veicoli elettrici importati dalla Cina rispettivamente del 100% e dal 17 al 38% considerando la politica industriale del Paese asiatico una pratica commerciale sleale. Resta il fatto che, al di là delle minacce e dei dazi fissati, il Paese del Dragone prosegue nel difendere strenuamente le proprie esportazioni di veicoli Bev in giro per il mondo come il riflesso di un naturale vantaggio comparativo e dell’alta qualità dei prodotti messi a punto dalle sue aziende.

Un recente report del think tank americano Center for Strategic and International Studies (CSIS) ha osservato che i produttori cinesi di veicoli elettrici, tra il 2009 e il 2023, hanno ricevuto almeno 230,8 miliardi di dollari in sussidi governativi. Sono diventati competitivi grazie a un mega sostegno a livello industriale e, grazie a questi esosi incentivi, la loro qualità è migliorata notevolmente rendendoli ora particolarmente attraenti sia per i consumatori nazionali ma soprattutto per quelli esteri. Diverse sono state le forme di incentivazione che, negli anni, il governo di Pechino ha concesso a tutto il comparto: dagli sconti per gli acquirenti a livello nazionale, esenzione dall’imposta sulle vendite del 10%, finanziamenti per le infrastrutture di ricarica, programmi di R&S per i produttori di veicoli elettrici e appalti pubblici di veicoli elettrici. Tra queste misure, gli sconti per gli acquirenti e le esenzioni fiscali hanno rappresentato la stragrande maggioranza del sostegno. Ma nel 2022 la musica è cambiata e il governo centrale cinese ha ridotto gli sconti per gli acquirenti a causa degli elevati costi e del desiderio di vagliare il campo dei produttori, eliminandoli completamente all’inizio del 2023.

I MEGA INCENTIVI
Nonostante le esorbitanti cifre, il Csis considera le sue stime molto conservative visto che non includono altri tipi di supporto. Alcune località cinesi come Shanghai, Shenzhen e il distretto di Changping a Pechino hanno infatti continuato ad offrire modesti programmi di sconti per incoraggiare i proprietari di veicoli a combustione interna a passare all’elettrico. In secondo luogo, il report non include il valore del supporto fornito con terreni a basso costo, elettricità agevolata e credito, che sono difficili da quantificare ma rappresentano un contributo sostanziale per alcuni produttori di veicoli Bev. Un rapporto della Banca Mondiale ha mostrato che nel 2022 il settore dell’automotive cinese ha anche beneficiato di prestiti con tassi d’interesse vicini al 2%, ossia la metà della media ponderata di tutti i prestiti commerciali e industriali. 

 

In più, alcuni produttori privati di vetture elettriche hanno ottenuto persino finanziamenti azionari da enti statali. Un esempio su tutti riguarda Nio, che nel 2020 ha ottenuto un’iniezione di liquidità di 5 miliardi di yuan dal governo municipale di Hefei in cambio di una partecipazione del 17% nel business aziendale. Stando al report del Csis, i partner commerciali della Cina potrebbero dimostrare come 15 anni di sostegni abbiano sostanzialmente alterato il campo di gioco, rendendo molto più difficile per gli altri Paesi competere sia in Cina che nei mercati globali. Un esempio è la giapponese Nissan che nei giorni scorsi ha fermato la produzione di uno dei suoi stabilimenti in Cina. Il motivo? Non riesce più a competere coi produttori locali che hanno costi bassissimi. Nissan ha precisato che nel 2023 le vendite in Cina sono calate del 24,1% proprio a causa della riduzione dei prezzi dei veicoli elettrici cinesi.

 

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