Mediobanca e i giudici, storia a rovescio

Finalmente le toghe hanno acceso un faro su cosa accade nel settore bancario. Occhio alle date e agli attori
di Sandro Iacomettisabato 14 giugno 2025
Mediobanca e i giudici, storia a rovescio
3' di lettura


Finalmente le toghe hanno acceso un faro sul risiko bancario. Nel mirino c’è l’operazione di Mediobanca che chiede ad un cda appena nominato coi suoi voti di vendergli una gallina dalle uova d’oro in cambio della restituzione di azioni proprie? Macché. Quella è sotto gli occhi di tutti ma nessuno si muove.

La lente dei pm si è indirizzata su ben altre vicende. Nientemeno che la privatizzazione del Monte dei Paschi di Siena. L’ipotesi di reato? Un patto scellerato tra Caltagirone e Delfin che quando il Tesoro ha messo sul mercato il 15% di Mps si sono presi entrambi, udite udite, la stessa quota del 3,5% a testa. E a gestire la transazione, riudite riudite, è stata Banka Akros, controllata dal terribile Banco Bpm che rifiuta la scalata di Unicredit per salvaguardare i suoi lavoratori e il risparmio degli italiani. Una gestione “criminale” che è stata festeggiata dallo Stato azionista, che dopo quasi 10 anni ha finalmente disinnescato la grana della partecipazione pubblica nel Monte, dai risparmiatori, contenti che le loro azioni siano tornate appetibili sul mercato, e dai vertici della banca, soddisfatti per la creazione di un nocciolo duro di soci italiani. Tutto alla luce del sole, che evidentemente a qualcuno non basta.

La cronaca di ieri racconta che Akros ha rivendicato la correttezza del suo operato spiegando che la Banca ha svolto il suo ruolo di “global coordinator e bookrunner” della procedura di collocamento delle quote di Mps «in modo corretto e trasparente, nel pieno rispetto delle norme e delle prassi che regolano tali operazioni, con la partecipazione di centinaia di investitori istituzionali, tramite piattaforma informatica». Occhio alle date e agli attori.

L’operazione è avvenuta il 13 novembre 2024. La perquisizione della Gdf disposta dai pm Giovanni Polizzi e Luca Guaglio è di qualche giorno fa. E sembra che l’inchiesta sia partita da un esposto proveniente dalle parti di Mediobanca per le presunte diffamazioni a carico di Piazzetta Cuccia da parte di alcuni organi di stampa che avrebbero leso la reputazione del vecchio fortino della finanza italiana.

Tutto bene? Fino a un certo punto. Lunedì gli azionisti di Mediobanca saranno chiamati a votare su un’operazione, lo scambio tra la quota detenuta in Generali e il controllo di Banca Generali, di cui non si conoscono né i contorni industriali né le implicazioni strategiche. Una mossa che, a detta dei promotori, dovrebbe inaugurare una nuova stagione nel wealth management italiano. E che, per esplicita ammissione dell’ad di Mediobanca Alberto Nagel, mette i soci di fronte ad una scelta: accettare questa operazione sicuramente vincente o respingerla pensando che sia più conveniente l’offerta lanciata dal Monte dei Paschi su Piazzetta Cuccia.

Partita difficile, visto che il patto di consultazione che controlla Mediobanca vale poco più dell’11% del capitale, mentre i soci di Mps che hanno sostenuto l’offerta, tra cui Caltagirone e Delfin, possiedono oltre il 30% dei titoli dell’istituto. Ma, ops, ora gli azionisti di Mps che vogliono scalare il salotto buono della finanza sono sotto inchiesta.

Forse, come ha chiesto ufficialmente Caltagirone ancora prima della notizia dell’indagine per la mancata chiarezza dell’Ops su Banca Generali, sarebbe il caso che il cda deliberasse lo slittamento dell’assemblea. Ma nessuno a Piazzetta Cuccia sembra intenzionato a farlo. Del resto, come ha già iniziato a chiedere qualcuno dell’opposizione, è il governo che deve dare spiegazioni, mica i vertici di Mediobanca. Siamo al ribaltone della storia.

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