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Con l'Irpef al 33% benefici fino a 1.400 euro

di Benedetta Vitettadomenica 21 settembre 2025
Con l'Irpef al 33% benefici fino a 1.400 euro

(Libero)

3' di lettura

È ormai da mesi che il governo sta valutando il taglio dell’Irpef dal 35 al 33% per redditi compresi tra i 28mila e i 60mila euro. Per il momento l’esecutivo sta analizzando un intervento che tenga insieme chi dichiara redditi compresi tra i 28mila fino ai 50mila euro (si tratterebbe di 13,6 milioni di contribuenti che si collano nel secondo scaglione di Irpef), ma non è da escludere che si possa arrivare fino ai 60mila euro di reddito annuo.

Una sforbiciata che aiuterebbe soprattutto il ceto medio e che avrebbe un impatto progressivo dal momento che chi ha un reddito più alto si ritroverebbe in tasca un maggior risparmio. L’effetto che il taglio di due punti percentuale avrebb sarebbe un risparmio d’imposta per i contribuenti dai 30 mila euro in su. Chi prende meno avrà una riduzione di “soli” 40 euro annui, ma dai 60mila euro in su la riduzione sarà di 1.440 euro, vale a dire circa 120 euro al mese. Che non sono certo bruscolini. Il costo complessivo della misura? Potrebbe oscillerebbe tra i 3,5 e i 4 miliardi l’anno.

Il taglio dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche è stato confermato, anche di recente, dal viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, durante un intervento a Telefisco del Sole24Ore.

In più il viceministro ha anche tenuto a precisare che, assieme al taglio dell’Irpef, potrebbe essere introdotto un nuovo sistema di rivalutazione delle detrazioni in base alla composizione familiare, così da sostenere meglio i nuclei con figli o carichi fiscali più elevati. Insomma un piccolo grande regalo per il ceto medio, per far ripartire i consumi. Ma l’impatto per i redditi bassi risulterebbe invece minimo, con una serie di interrogativi sull’efficacia della misura in termini di equità e di sostegno ai consumi interni. Resta il fatto che la proposta avrebbe un forte valore politico, dal momento che intercetterebbe il malcontento del ceto medio, storicamente penalizzato dal prelievo fiscale e molto spesso percepito come trascurato dalle politiche redistributive.

Ma torniamo ai numeri e ai risparmi: per un reddito lordo annuo di 30mila euro, come detto, ci sarebbe un risparmio di circa 40 euro, per salire a 240 euro con 40mila euro di reddito e a 440 euro con 50mila euro. Il beneficio massimo si registrerebbe a quota 60.000 euro, con un alleggerimento dell’imposta di 1.440 euro. Ma per i redditi superiori, come i 70mila euro, il vantaggio si fermerebbe comunque a 1.440 euro, visto che lo sconto fiscale si applica solo sulla parte di reddito fino alla nuova soglia dei 60.000 euro.

È quanto ha stimato ieri il Centro studi di Unimpresa, che ha analizzato l’ipotesi al centro della discussione politica ed economica, che potrebbe essere inserita già nella prossima Legge di Bilancio. «La misura, qualora fosse confermata rappresenterebbe un segnale politico importante nei confronti del ceto medio, da tempo compresso da una pressione fiscale tra le più alte in Europa. Stiamo parlando di una misura che sicuramente intercetta un disagio reale, ma rischia di restare incompleta se non accompagnata da un progetto più organico di riforma del sistema tributario italiano» ha spiegato Paolo Longobardi, presidente di Unimpresa. È fuori di dubbio che l’intervento produrrà sì vantaggi significativi per i redditi medio-alti, con risparmi anche superiori a 1.400 euro l’anno, ma lascerà comunque sostanzialmente invariata la situazione dei redditi più deboli.

«Senza un’attenzione parallela alle fasce basse e senza una semplificazione vera degli adempimenti burocratici, il rischio è che la riforma si trasformi in un provvedimento parziale, incapace di incidere sul nodo strutturale della pressione fiscale complessiva che pesa su famiglie e imprese. L’Italia ha bisogno di un fisco equo e competitivo, che sostenga i consumi interni e liberi risorse per gli investimenti delle imprese. È in questa direzione che l’esecutivo deve aver il coraggio di muoversi, perchè solo così sarà possibile rafforzare la crescita e ridar fiducia a cittadini e aziende» ha aggiunto il numero uno di Unimpresa.