Sgombriamo subito il campo dalle semplificazioni giornalistiche e dalle mistificazioni della sinistra populista e anticapitalista, che non da oggi tenta di raggranellare consensi solleticando l’eterna propensione delle classi sociali meno abbienti all’insopprimibile sentimento dell’invidia sociale. In un’economia di mercato, i profitti ottenuti rispettando le regole e pagando le tasse non sono mai extra. Dove l’extra solitamente sta per illegittimo, ingiusto o indecente. I guadagni di un’impresa sono il motore dell’economia, dello sviluppo e del benessere. Detto questo, è difficile negare che le banche, impegnate in queste ore in una trattativa col governo per dare una mano sulle coperture della legge di bilancio, come auspicato e proposto fin dall’inizio dalla Lega, negli ultimi anni abbiano fatto soldi a palate. Secondo i calcoli effettuati dalla Fabi, il principale sindacato dei bancari guidato da Lando Maria Sileoni (che ha suggerito di non parlare di tassa sugli extraprofitti, dicendosi convinto che le banche non faranno mancare il loro apporto), rispetto ai 15,7 miliardi del 2019, anno precovid su cui fare riferimento, gli utili desaliti alle stelle perché non c’era altro su cui fare leva.
Come spiega la Fabi, «il credito tornato protagonista, rappresenta ora il 58,5% dei ricavi totali, consolidando il controsorpasso sulle commissioni (41,5%), che per tre anni – dal 2019 al 2021– avevano dominato la composizione del fatturato bancario. A partire dal 2022, con il rialzo dei tassi deciso dalla Bce, il modello di business è cambiato: il margine di interesse ha guadagnato 17 punti percentuali in termini di peso relativo sul totale dei ricavi, segnando un passaggio strutturale da un sistema orientato ai servizi a uno nuovamente centrato sull’attività creditizia». Il che è un bene, spiega il sindacato, anche per i lavoratori del settore, su cui si è alleggerita il peso delle pressioni commerciali volte a sostenere gli obiettivi di budget attraverso la promozione spinta di strumenti finanziari e assicurativi.
Meno contente però sono le imprese e le famiglie, che malgrado la ripartenza del business dei prestiti non hanno avuto una grande iniezione di liquidità. Anzi. «Il 2024 si è chiuso con risultati di bilancio straordinari per il settore, segno di una ripresa solida e di strategie efficaci. Ora ci aspettiamo che questa forza venga messa a disposizione dell’economia reale, affinché il sistema bancario sia un motore di sviluppo e non solo un attore finanziario che guarda al proprio rendimento», ha detto qualche mese fa il presidente di Unimpresa Giuseppe Spadafora. L’attesa, però, è rimasta delusa. Gli utili continuano a crescere, i prestiti no. Secondo l’Ufficio studi di Unimpresa le prime 5 banche italiane nel 2024 hanno registrato 23,6 miliardi di utili. Ebbene, solo nei primi sei mesi del 2025, secondo i calcoli di First Cisl, l’asticella è arrivata a quota 14,3 miliardi (e altri 6 miliardi stanno arrivando nel terzo trimestre), con un incremento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno del 13,5% . Gli impieghi, però, sono rimasti sostanzialmente stabili (+0,1%). Tanto per far capire che quando il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, strigliale banche dicendo che devono tornare a fare le banche, ovvero a finanziare imprese e famiglie, non si tratta di un delirio alla Bertolt Brecht, secondo cui il vero ladro è chi fonda una banca, non chi la rapina. Tesi cara alla famosa serie Tv Casa di Carta, in cui i delinquenti passano per eroi mentre risuonano le note di Bella Ciao.
Tridico disperato: "Se vinco via il bollo auto"
Venghino, signori, venghino. La campagna elettorale come grande illusione, parole che arrivano e che vanno in libert&agr...Nella trattativa in corso sulla manovra non ci sono banche da rapinare, né da punire perché non fanno bene il loro mestiere. C’è un settore che, grazie alla congiuntura economica e sicuramente anche alla bravura dei suoi manager, a differenza di tanti altri (si pensi solo all’industria) ha inanellato una serie assai positiva di risultati finanziari ed ora è chiamato ad allungare un pochino la coperta sempre cortissima delle risorse a disposizione del bilancio pubblico. Del resto, quanto a sacrifici straordinari per tirare avanti la carretta, i contribuenti italiani hanno visto di peggio.