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Landini e Avs, la nuova tassa per colpire 500mila italiani

di Michele Zaccardisabato 15 novembre 2025
Landini e Avs, la nuova tassa per colpire 500mila italiani

4' di lettura

Patrimoniale, salario minimo e sussidi. Eccola la contromanovra dell’opposizione che si condensa negli oltre 3.800 emendamenti presentati in Commissione Bilancio al Senato, dei quali 16 comuni tra Pd, M5S, Avs e Italia Viva. Una compattezza che fa già gongolare Elly Schlein. «Daremo il nostro contributo per migliorare una manovra che non ha respiro, è di austerità e non aumentala crescita di questo Paese ma le disuguaglianze» dice la segretaria dem. Ma è sulla patrimoniale che si registra il dato politico più significativo: perché l’emendamento presentato da Avs per tassare i grandi patrimoni ricalca esattamente una proposta lanciata dal leader Cgil Maurizio Landini pochi giorni fa.

Firmata dal senatore Tino Magni, la proposta prevede un’imposta dell’1,3% sulla ricchezza netta superiore a 2 milioni di euro, calcolata sommando attività mobiliari e immobiliari detenute in Italia o all’estero, al netto delle passività finanziarie. Il patrimonio immobiliare soggetto al nuovo tributo verrebbe esentato da Imu e Tasi. Il gettito così raccolto verrebbe destinato a sanità, istruzione, interventi climatici di adattamento e mitigazione ed edilizia popolare.

INCASSI

Secondo i numeri forniti da Landini, la patrimoniale garantirebbe incassi per 26 miliardi, raccolti da 500mila cittadini italiani. Una misura pesantissima da sostenere davanti all’opinione pubblica: basti pensare che in Francia una proposta dei socialisti molto più blanda- la cosiddetta tassa Zucman, un’imposta al 2% sui patrimoni superiori ai 100 milioni di euro - è stata cassata dall’Assemblea nazionale e rischia di far cadere il governo Lecornu, che si regge appunto grazie al sostegno del Ps.
Non solo. Perché Avs, oltre a proporre un “contributo di solidarietà” a carico delle imprese energetiche e della difesa, chiede anche di limitare i benefici previsti dalla manovra (il taglio dell’aliquota Irpef dal 35 al 33%) sui redditi più alti. Con un emendamento, infatti, si chiede di abbassare da 200mila a 80mila euro la soglia di reddito oltre la quale si azzera lo sconto fiscale. La modifica restringe quindi la platea dei beneficiari degli sgravi introdotti dal governo, con l’obiettivo di destinare i risparmi - stimati in 448 milioni di euro annui all’ampliamento della detassazione sui rinnovi contrattuali del triennio 2026-2028.

Quanto ai sedici emendamenti comuni presentati dalle opposizioni, con l’esclusione di Azione di Carlo Calenda, le proposte vanno dal lavoro, al fisco, passando per i sussidi alle imprese e al welfare. In particolare, si chiede l’introduzione del salario minimo a 10 euro all’ora (vecchio cavallo di battaglia della sinistra) il ripristino di Transizione 4.0 (su cui peraltro sta già lavorando il governo, attraverso l’iperammortamento), l’incremento del fondo sanitario nazionale per l’assunzione del personale. Per quanto riguarda il welfare, l’opposizione chiede il ripristino di Opzione donna - che consente alle lavoratrici con 35 anni di contributi di andare in pensione a 58 (dipendenti) o 59 anni (autonome) - e l’aumento di 70 euro dell’assegno unico. Interessante notare, sul fronte fiscale, che l’opposizione chiede di ampliare fino a 60mila euro lo scaglione 28-50mila, in modo da estendere il beneficio del taglio Irpef a una platea più vasta. Questo dopo aver passato settimane a contestare la misura, accusando il governo di aiutare i ricchi.

I firmatari del pacchetto di emendamenti (i capigruppo dei vari partiti di opposizione al Senato) parlano di «una novità politica importante» e di «segnale concreto di convergenza sui principali nodi economici e sociali del Paese», impegnandosi «a segnalare gli emendamenti condivisi».

CAMBIAMENTI CLIMATICI

Dal canto suo il co-portavoce di Avs, Angelo Bonelli, rilancia sui cambiamenti climatici: «La battaglia per il clima, per la mobilità sostenibile e per il diritto dei cittadini a respirare aria pulita non può essere accantonata da chi vuole governare il Paese. La sfida è costruire insieme un progetto che metta al centro ambiente, salute, lavoro e giustizia climatica». Ma ieri c’è stata anche una polemica tra il portavoce di Forza Italia, Raffaele Nevi, e il segretario Cgil. Il casus belli è stata l’uscita di Landini sull’agevolazione introdotta dal governo per chi vuole rivalutare lingotti e monete. Commentando la “tassa sull’oro”, ha detto che «è la dimostrazione che siamo alla frutta».

Immediata la replica piccata di Nevi. «A Landini» risponde «dico solo una cosa: studi un po’ di più. Intanto gli diamo una notizia: la “tassa sull’oro”, come la chiama lui, non è una tassa. È semplicemente uno strumento che permette di far emergere mercato nero» aggiunge il deputato di Fi. «Grazie a questa norma, il cittadino paga il 13% allo Stato e può vendere il suo oro che, altrimenti, sarebbe interamente soggetto a una tassazione del 26%». «A lui» conclude, «probabilmente piace solo la patrimoniale; noi, invece, vogliamo tutelare il risparmio delle famiglie, aiutandole a regolarizzarsi senza depauperare le proprie ricchezze».