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Pnrr, così l'Italia ha raggiunto obiettivi solidi nella Ue

I soldi del Pnrr rappresentano un punto fondamentale per sostenere la crescita del Pil italiano. E i dati fanno emergere quanto il nostro Paese resti ai vertici per attrattività, export, e recupero d’occupazione
di Bruno Villoismercoledì 10 dicembre 2025
Pnrr, così l'Italia ha raggiunto obiettivi solidi nella Ue

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Il capitolo Pnrr, coi suoi quasi 200 milioni di euro, sta rappresentando un punto fondamentale per sostenere la crescita del Pil italiano, ma anche di quello spagnolo, con la differenza che gli iberici hanno rinunciato alla parte prestiti, ovvero circa il 75% di quanto la Ue le avrebbe concesso, accettando solo le risorse a fondo perduto, ritenendo di avere una performance economica, del triennio in corso, in grado di poterlo fare. Per comprendere quanto la Spagna si sta pavoneggiando troppo della sua crescita è importante soffermarsi sui numeri reali. Il Pil 2024 e 2025 italiano è di circa 2 trilioni di euro, quello spagnolo è di un terzo inferiore. Quello procapite italiano è sensibilmente più alto, nonostante il differenziale tra nord e sud, l’avvicinamento iberico è ancora assai distanziato. Quanto alla crescita economica è vero che la Spagna ha avuto tassi di crescita del Pil più elevati nell’ultimo triennio rispetto all’Italia, ma la forza dell’export italiano è ancora quasi doppia a quella iberica che si ferma sotto i 400 miliardi, contro i quasi 650 miliardi italiani.

Per quel che riguarda la capacità attrattiva già la sola Lombardia - grazie a Milano ma non solo - ha una propensione insediamenti del terziario, soprattutto finanziario e dell’innovazione, di ben altra levatura. Infine sull’occupazione, la Spagna ha tassi di lavoro molto più elevati e povertà più diffusa, rispetto all’Italia. Noi grazie al triennio in corso, abbiamo ridotto la disoccupazione di oltre 5 punti portandola a un livello ragguardevole. La carrellata dei dati socioeconomici fa emergere quanto il nostro Paese resti ai vertici Ue per attrattività, export, e recupero d’occupazione, con un potere di acquisto, seppur bastonato dall’inflazione, che si mantiene nella parte alta dell’Ue, mentre gli iberici stanno solo inseguendo per agganciarsi, ma per riuscirci, avranno bisogno di un ulteriore triennio-quinquennio in gran spolvero, in grado di determinare una crescita prossima ad almeno il 2,5% annuo. Bene ha fatto il Governo Meloni ad accettare l’intero importo Pnrr seppur una gran parte sia da restituire, ma in un periodo trentennale e con tasso d’interesse particolarmente accomodante. L’averlo fatto rispettando indicazioni e tempi comunitari ha reso all’Italia un riconoscimento reputazionale che associato a una corretta politica finanziaria ha rafforzato la capacità internazionale, tanto da ottenere dalla agenzie di rating un giudizio in netto miglioramento.

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Chiaramente permangono situazioni di fragilità , soprattutto di eccessiva disparità tra il Nord e Sud, pur avendo almeno alcune realtà, accelerato oltre le più ottimistiche previsioni. Importante che nel 2026, gli effetti sul Pil derivanti dalle risorse Pnrr, contribuiscano in misura superiore a quanto hanno fatto finora e che il tessuto industriale privato riaccenda i motori e ricominci ad investire, con mezzi proprie ricorso all’indebitamento per modernizzarsi in tecnologia, ma anche in formazione e aggiornamento permanente di ogni lavoro. La sfida AI, è in pieno corso e i ritardi nostrani sono rilevanti. Disponiamo di un sistema bancario solido e disponibile a gravarsi di una maggior esposizione purché essa sia compatibile col merito creditizio di famiglie e imprese. L’obiettivo da raggiungere è quello di un Pil che si attesti oltre l’inflazione e rafforza la redditività delle imprese a loro volta sollecitate ad aumentare i salari e migliorare il reddito delle piccole partite Iva fornitrici della filiere.