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L'euro è salvo, noi invece no

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Le buone notizie arrivano da Berlino (la decisione della Consulta), quelle pessime invece sono sullo stato delle nostre industrie. E Monti minaccia il bis...

Andrea Tempestini
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di Maurizio Belpietro La giornata di ieri si è chiusa con due notizie, una buona e l'altra cattiva. La prima riguarda l'euro, che è salvo. La seconda riguarda Monti, che si ricandida. Ovviamente non credo di dover specificare quale delle due sia quella cattiva: chi legge Libero è in grado di giudicare da solo. Nella mattinata, quando in redazione si saputo che la Corte Costituzionale tedesca dava il via libera, seppur condizionato, al fondo salva Stati, lanciando dunque una ciambella di salvataggio alla moneta unica, l'umore era alle stelle. Finalmente, dopo mesi di buio si poteva cominciare a intravedere la luce, immaginando una relativa tranquillità dei mercati, non più soggetti alle scorribande degli avvoltoi della finanza e agli umori della Merkel. Ma poi sono arrivate le prime anticipazioni di un'intervista concessa dal nostro presidente del Consiglio al Washington Post. All'influente giornale americano il premier ha rivelato di non aver ancora deciso nulla a proposito del suo futuro dopo le elezioni di primavera: troppo impegnato a Palazzo Chigi, il professore non ha tempo di pensare a cosa fare. Ciò nonostante, pur evitando di dare una risposta precisa sui prossimi impegni, il bocconiano dell'anno ha fatto capire che non se ne starà con le mani in mano e se qualcuno gliene darà l'occasione resterà ben volentieri.  Al quotidiano della capitale Usa, Monti ha infatti confidato di temere che gli sforzi fatti dal suo governo in questi mesi vengano vanificati, aggiungendo che ci vorranno molti anni per completare il processo di riforme. Un messaggio piuttosto chiaro: senza di me c'è il rischio che quei pasticcioni di politici rovinino il lavoro fatto, ma, se me ne daranno l'opportunità, resterò e completerò l'opera. La permanenza del professore alla guida dell'esecutivo anche dopo il 2013, per quel che mi riguarda, è ovviamente una delle peggiori sciagure che ci possano capitare e come me credo la pensino un numero sempre crescente di italiani, i quali, dopo un innamoramento iniziale indotto dal processo di beatificazione di Monti avviato dai principali giornaloni, ora cominciano ad aprire gli occhi e a vedere gli effetti della politica tecnica sul loro portafogli. Intendiamoci: io non ho nulla da dire sulla figura dell'ex preside della Bocconi. Il premier è una persona stimata e di specchiata moralità, che all'estero si comporta bene e che nei consessi internazionali non sfigura. Ciò detto, i lati positivi del primo ministro si fermano qui, perché se si dà un'occhiata a ciò che ha prodotto il suo governo c'è da mettersi le mani nei capelli.  Ho citato ieri i dati sul Prodotto interno lordo e quelli riguardanti i consumi. I primi danno il Pil in caduta del 2,6 per cento, peggio cioè delle già pessime previsioni; i secondi, invece, segnano una flessione del 3,5 per cento della spesa delle famiglie, che raggiunge il 10 per cento se si parla di beni durevoli, ovvero frigoriferi, lavatrici, tv e ogni altra cosa non sia di consumo immediato. Come se non bastasse, ieri ci è stato presentato il rovescio della medaglia, ovvero l'ultimo censimento della produzione industriale. Se la gente non consuma e il Prodotto interno lordo non cresce ma anzi scende, è ovvio che le fabbriche girano meno. Infatti l'Istat segnala un calo della produzione industriale del 7,3 per cento. C'è da stupirsi poi se i disoccupati aumentano e le ore di cassa integrazione continuano a salire? Naturalmente no. I lavoratori in cerca di lavoro o a casa a girarsi i pollici in attesa di essere richiamati in azienda sono la diretta conseguenza della recessione in atto nel Paese. Che sarà certamente effetto della congiuntura internazionale, ma in Italia ha motivazioni precise, che si chiamano carenza di credito, abbondanza di ostacoli burocratici per chi vuol produrre, ma soprattutto tante tasse. Sulla prima ragione, nonostante la presenza fra le fila del governo di un certo numero di banchieri o aspiranti tali, Monti non ha fatto nulla, così come pure sulla seconda, evitando di eliminare le decine di adempimenti che affliggono chi produce. Sulla terza invece la responsabilità è più grave: il premier non solo è colpevole di omissione di soccorso, in quanto non ha alleggerito il carico di imposte, ma è addirittura responsabile di un inasprimento della tassazione. Lui stesso, del resto, ha coraggiosamente ammesso di aver contribuito a peggiorare la situazione, affrettando la depressione.  Chiunque è perciò in grado di capire che, se al presidente del Consiglio sarà consentito di completare l'opera, come lui stesso ha minacciato dalle pagine del Washington Post, l'Italia è spacciata, condannata a veder salire la disoccupazione alle stelle e il debito altrettanto. Da quando c'è lui ogni indicatore è peggiorato, perfino il rapporto debito-Pil. Di questo passo agli anti-berlusconiani non resterà che rimpiangere il bell'addormentato di Malindi. Che destino cinico e baro.

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