Può essere il Matteo giusto, ma deve convincere pure gli elettori del Sud
Non so se alla fine ci salverà Salvini, ma se oggi fossi costretto a decidere a chi affidarmi per sottrarmi al diluvio di inconcludenti promesse con cui quotidianamente ci sommerge Renzi, l'unico su cui punterei sarebbe proprio il leader della Lega. Rispetto all'altro Matteo, quello che alla camicia bianca preferisce la camicia verde non gioca con le parole, e invece della battuta spiritosa usa la dichiarazione provocatoria. Salvini non sarà un mostro di eleganza e né Ermanno Scervino né Brunello Cucinelli lo sceglieranno mai come testimonial. Probabilmente, con quell'orecchino al lobo destro e la felpa da cassintegrato, anche certi industriali radical chic lo riterranno poco presentabile in società e c'è da giurare che i circoli internazionali lo terranno alla larga. E però il segretario della Lega, a differenza di tanti leader di cartapesta, anzi di carta igienica, mi sembra vivo. Non so se ricordate che cosa era il Carroccio fino a pochi mesi fa. All'inizio dell'anno, dopo i soldi investiti in Tanzania, i diamanti e le finte lauree di quella trota che Umberto Bossi si era scelto come delfino, il movimento di Alberto da Giussano appariva morto annegato e non nel Po, ma nell'ampolla del Monviso. La geniale intuizione del Senatur sembrava destinata a morire con lui. La débâcle famigliare del fondatore sembrava inevitabile che fosse anche la débâcle del partito. E invece no. Dopo le scope padane, ecco arrivare una ramazza che ha fatto pulizia delle follie celtiche e di tutta la coreografia leghista. Leggi l'editoriale di Maurizio Belpietro su Libero in edicola oggi 4 ottobre o acquista una copia digitale del quotidiano