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Il vitalizio, un privilegio da abolire per tutti

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Maurizio Belpietro
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Chiariamo subito una cosa: un onorevole non è assunto dal popolo italiano, ma è eletto pro tempore affinché rappresenti alcune idee e alcuni interessi del popolo italiano. Punto e basta. Dunque, non essendo dipendenti di chicchessia, deputati e senatori in cambio del servizio prestato dovrebbero ricevere al massimo un rimborso spese e nulla più. Invece, come è a tutti noto, ricevono una indennità (cioè uno stipendio), diarie e contributi vari, più altro genere di aiuti (assistenza medica, biglietti gratis, etc etc) e perfino un vitalizio. Con il risultato che alcuni, pur essendo dipendenti di aziende private e godendo dei contributi figurativi che garantiscono la pensione nonostante l'assenza dal lavoro, quando lasciano il Parlamento, oltre a una buonuscita per il reinserimento nel mercato, che è l'equivalente di un Tfr, ricevono pure un vitalizio che si somma a quello che otterranno per il lavoro che non hanno fatto. Il problema perciò non è se togliere o meno la pensione agli onorevoli condannati. Il problema è togliere la pensione a tutti gli onorevoli. Stop. Altrimenti, come succede, c'è chi entra in Parlamento convinto di aver vinto alla lotteria e non ha più intenzione di andarsene, perché quello è il modo di sbarcare il lunario e anche di raddoppiarlo. Ha ragione Ugo Sposetti, un vecchio senatore comunista i cui baffi ricordano quelli del compagno Stalin: così a certi ex onorevoli si nega il diritto alla sopravvivenza. Già: mentre agli ex dipendenti, (...) Leggi l'editoriale di Maurizio Belpietro su Libero in edicola sabato 9 maggio o acquista una copia digitale del quotidiano

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