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Stato e giudici danno i malati in pasto ai "lupi"

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Caso stamina: polemica tra i famigliari disperati e gli esperti contrari alla cura sperimentale. Il governo passa la palla alle toghe, che la autorizzano: una vergogna

Giulio Bucchi
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La questione non ha mai avuto l'onore della prima pagina, né è mai stata giudicata degna di un commento o di una presa di posizione da parte dei principali opinionisti. Eppure il cosiddetto metodo Vannoni, cioè la cura con cui un professore di lettere, docente all'Università di Udine, dice di combattere gravi malattie come l'atrofia midollare spinale o la paresi celebrale infantile, ma anche la sindrome di Niemann Pick o il morbo di Parkinson, dovrebbe indurre maggior attenzione e, soprattutto, maggior controllo. Diffusosi con un passaparola, al di fuori dei cosiddetti canali della medicina ufficiale, il metodo Vannoni è il miracolo che centinaia di persone, malati e parenti di malati, inseguono nella speranza di una salvezza, di una medicina che li strappi, o strappi i loro cari, a un destino segnato. La gente spera, piange e supplica di essere curata con il metodo Stamina, una serie di iniezioni di cellule staminali preparate dai laboratori della Stamina Foundation, organizzazione creata qualche anno fa da Vannoni, insegnante di «Ergonomia cognitiva» e «Psicologia della Comunicazione», cioè niente a che fare con le malattie in questione, insieme con un paio di ricercatori ucraini. Genitori con in braccio i loro figli immobili come marionette rotte, sorelle che spingono carrozzine con sopra ragazzi che da anni non camminano e hanno la prospettiva di non alzarsi presto più nemmeno dal letto, un popolo di dolenti che chiede, s'informa, spera di sapere se quella è la salvezza.  E di fronte a questa gente, di fronte a questi cittadini che pagano le tasse e secondo la Costituzione hanno diritto a essere curati, ma anche a non essere turlupinati, lo Stato che fa? Niente. Lascia che il metodo miracoloso continui a diffondersi con il passaparola, chiudendo un occhio e anzi tutti e due su quel che avviene in un ospedale pubblico, in Lombardia, usato come fosse una struttura privata per sperimentare la cura su alcuni pazienti. Lo Stato se ne lava le mani, lascia fare alla magistratura, che sull'onda della pressione dei parenti dei malati ordina di somministrare le fiale con le staminali a chi lo richiede. Ma sul metodo Stamina, il comportamento dell'Agenzia del farmaco e del ministero della Salute, oltre che quello dei giudici, rappresenta il fallimento di uno Stato che non solo non sa curare i propri cittadini, ma nemmeno sa difenderli e tutelarli dalle prese in giro e dalle illusioni.  Sollecitato da amici alla disperata ricerca di un miracolo per il grave problema che ha colpito il loro figlio, mi sono informato in questi mesi presso chi dovrebbe vigilare sulla salute pubblica. Non mi sono fidato di un solo parere, ma ne ho sollecitato più di uno. Risultato: nessuno ha lasciato aperto uno spiraglio, ma tutti mi hanno descritto Davide Vannoni come un ciarlatano, liquidando le sue cure come inesistenti e non scientificamente provate. In pratica, i vertici del nostro servizio sanitario, cioè i responsabili della nostra salute, sapevano ben prima che lo scrivesse Nature che il metodo Stamina non è un metodo, non è una cura, anzi, non è niente. E allora perché non dirlo subito? Perché non bocciare senza appello quelle fiale, dicendo a chiare lettere che non servono a nulla, e che anzi possono perfino essere nocive? Perché tacere e assecondare un'opinione pubblica sempre in cerca di speranze e soluzioni taumaturgiche? Perché illudere il popolo di disperati che non si rassegna alla malattia e alla morte? E qui veniamo all'altro corno del problema, cioè alla ingerenza della magistratura, alla quale ormai è affidato tutto, non solo la punizione di reati e il controllo sulla politica, ma qualsiasi cosa che riguardi la nostra vita, malattie e cure comprese. I giudici, che si spera competenti in fatto di codice civile e penale, vengono chiamati anche a stabilire se sia giusto o meno somministrare una cura piuttosto che un'altra. Nessuna sperimentazione ha stabilito che il metodo sia efficace, anzi, i primi controlli hanno dimostrato il contrario. Tuttavia, invece di affermare la propria incompetenza in materia, i giudici giudicano e stabiliscono che la cura si deve fare. È un diritto e va fatta a spese dello Stato e in un ospedale pubblico, perché lo chiedono i genitori e lo impone il diritto alla salute. Non importa che i genitori non siano scienziati ma solo mamma e papà disperati di fronte alla malattia e che nessuno abbia accertato che il metodo Stamina garantisca la salute. Basta l'emozione, dei parenti, dell'opinione pubblica, dei magistrati. E a fermare la cura per via giudiziaria non serve nemmeno un'inchiesta della Procura di Torino che ipotizza a carico di Vannoni il reato di truffa: per i colleghi del pm Raffaele Guariniello nulla osta a che le fiale siano iniettate nei corpi di bambini paralizzati, neanche il sospetto che sia tutto un imbroglio. Così, il metodo Stamina, cioè un metodo che secondo gli esperti e le riviste internazionali non esiste, si diffonde e la fila dei dolenti si allunga di fronte agli ospedali pubblici. Era in parte già successo quasi vent'anni fa con il metodo Di Bella e prima ancora con il metodo Bonifacio. Medici convinti di aver trovato la cura per il cancro avevano illuso decine di migliaia di malati. Eppure allora eravamo di fronte a dottori, la cura non era dannosa e ognuno poteva procurarsela in farmacia, mica richiederla a Vannoni previo pagamento. Certo, anche nel caso Di Bella a un certo punto erano intervenuti i pretori, sostituendosi ai primari, tuttavia non eravamo ancora alla resa dello Stato, alla sperimentazione senza esperimenti. Nel caso Vannoni invece è andato e va tutto storto. Si sperimenta, ma senza che chi deve controllare possa farlo. I giudici sono arrivati in corsia. E chi ci dovrebbe stare si è voltato dall'altra parte, lasciando fare. Se questo non è il fallimento di un Paese, del suo governo e della sua magistratura, che coprono un colossale abbaglio, mi chiedo: che cos'altro lo può essere? di Maurizio Belpietro        

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