Cerca
Cerca
+

Mezza grazia è una disgrazia

default_image

Napolitano vuole far pagare a Berlusconi un prezzo troppo alto: ammettere di essere colpevole e ritirarsi dalla scena politica

Eliana Giusto
  • a
  • a
  • a

Fin dal principio abbiamo sostenuto che la soluzione del caso Berlusconi non stesse in tribunale ma al Quirinale. Ai nostri occhi quella che riguarda il leader del centrodestra non è infatti una questione giudiziaria, ma una questione politica e come tale doveva essere affrontata. A prescindere da accuse e sentenze, vent'anni di indagini non li ha subiti nessuno, neanche il più pericoloso criminale, e dunque in questo accanimento sta il nodo del problema, non nelle prove a carico o discarico. In vent'anni c'è il tempo per passare al setaccio la vita di chiunque e di trovare le giustificazioni per qualsiasi condanna. Ma se la vittima di tale trattamento è un uomo politico, è evidente che dev'essere la politica a porvi rimedio e non la giustizia.  Per questa ragione, prima ancora che la Cassazione si pronunciasse confermando i quattro anni di carcere a carico del Cavaliere, ci eravamo rivolti al capo dello Stato, sollecitandolo a intervenire con un provvedimento di clemenza. La perorazione venne giudicata politicamente inopportuna, troppo anticipata e forse addirittura dannosa, perché esponeva il presidente della Repubblica a critiche preventive quando ancora il suo parere non era stato espresso. Sarà. Ma noi continuiamo a credere che se Giorgio Napolitano fosse intervenuto in anticipo non saremmo a questo punto. Non ci riferiamo solo al periodo antecedente la sentenza della Suprema corte: parliamo di questi anni, in particolare di quando Berlusconi era presidente del Consiglio. Se la massima autorità, il garante dell'unità del Paese avesse detto parole chiare e definitive sulla separazione dei poteri, sull'autonomia della magistratura ma anche della politica, benedicendo lo scudo per le alte cariche dello Stato, forse ora non saremmo nelle condizioni in cui siamo. Certo, oggi riparare ciò che è stato non si può, ma evitare che si ripeta sì. Dunque ci auguriamo che il riferimento dell'inquilino del Colle alla riforma della Giustizia significhi anche questo. Ciò detto, pur essendo lieti che alla fine si sia arrivati al nodo del problema, ovvero alla grazia come unica soluzione per garantire l'agibilità politica al Cavaliere, non tutto quello che ha detto il capo dello Stato ci è piaciuto. Troppe parole, troppi distinguo, quando invece sarebbe stata necessaria un'affermazione netta è chiara. Sapevamo anche noi infatti che un ultra settantenne può richiedere l'affidamento ai servizi sociali o gli arresti domiciliari e dunque non c'era bisogno di ricordarcelo. E pure eravamo a conoscenza delle misure adottate nei confronti di Arnaldo Forlani, un ex premier finito a occuparsi di una rivista della Caritas. Tuttavia per il presidente del Consiglio che nell'immaginario degli italiani rappresenta il Caf e la prima Repubblica, quello fu l'atto di accettazione della conclusione della sua vita politica. Accettando di dedicarsi ai servizi sociali, l'ex segretario Dc accettò anche di ritirarsi dalla vita politica. E così è stato anche per ex ministri come Francesco De Lorenzo, Cesare Previti o, per riandare ai tempi passati, Pietro Longo. È questo ciò che pretende Napolitano? Per evitare di andare in carcere Berlusconi deve andare ai giardinetti? Deve cioè accettare l'umiliazione di uscire di scena con la coda tra le gambe? Anche sul punto della grazia nutriamo qualche dubbio e vorremmo che il Presidente della Repubblica ci illuminasse. Nel suo intervento di martedi egli ha escluso il Motu proprio, cioè un provvedimento unilaterale che venga accordato senza che sia presentata una domanda, e ha richiamato il dettato della legge, ricordando implicitamente chi siano i titolati a presentare la pratica. Tutto perfetto, tutto apparentemente nella norma. Ma anche qui ci sono alcuni aspetti non marginali. Richiamando la necessità che la domanda venga presentata, il presidente della Repubblica pretende che Berlusconi chini il capo, cioè che riconosca la sentenza di condanna, accetti di essere definito un delinquente abituale e si rassegni alla sua sorte di frodatore dello Stato? Se è così a noi pare un prezzo troppo alto per evitare nove mesi di carcere. Soprattutto se si tiene conto che in altri casi tutto ciò non è stato richiesto. A noi, che in qualche modo ne fummo protagonisti (anche allora sollecitammo il Quirinale a intervenire) torna in mente il caso di Alessandro Sallusti. Condannano a 14 mesi di carcere per non aver scritto un articolo ma solo per averlo pubblicato, il direttore del Giornale fu graziato senza aver richiesto la grazia. Da quel che ci risulta la domanda non fu presentata né da lui né dai familiari, ma si prese per buona la sollecitazione di Libero e di alcuni parlamentari, tra i quali Ignazio La Russa, il quale pur non essendo il legale di Sallusti fu spacciato per tale. Perché dunque Sallusti sì e Berlusconi no? Per un agente della Cia da tempo latitante ottenere la grazia è stato un gioco da ragazzi, tanto che è bastata la richiesta formale di un legale e il provvedimento è piovuto dal cielo facendo contenti tutti, in particolare la Casa Bianca. Agli Stati Uniti non si può dire no, mentre a Berlusconi si può e forse si deve? O anche in questo caso si pretende che il leader del più importante partito italiano, quello a cui si chiede, con un atto di responsabilità, di tenere in vita il governo, debba inginocchiarsi e ritirarsi a vita privata? C'è poi un ultimo aspetto che ci piacerebbe fosse chiarito. Che succederà quando altri colpi giudiziari si abbatteranno sul capo del Cavaliere? Come si comporterà il Quirinale quando giungeranno a destinazione la sentenza Ruby e gli altri procedimenti avviati a Napoli e a Bari? E se, una volta decaduto da senatore (fatto che una eventuale grazia non potrebbe comunque evitare), una procura decidesse di richiedere l'arresto di Berlusconi, Napolitano che farebbe? In conclusione: la parole del capo dello Stato ci sono parse un primo segnale, ma non sufficienti a tranquillizzarci. Come abbiamo scritto, la sua è una mezza grazia. Ma noi pretendiamo una grazia piena che ponga fine a una guerra durata vent'anni. È in grado il primo presidente che ha ottenuto un secondo mandato, l'unico che abbia conquistato il Colle pur provenendo dalle file del Pci, di darci rassicurazioni? Attediamo risposte. di Maurizio Belpietro    

Dai blog