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Perché Renzi è pericoloso

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Altro che riformista liberale, Matteo è un degno figlio del Pci. Che con la scusa delle pensioni d'oro vuol punire chi ha versato fior di contributi (favorendo gli evasori), e che toglierebbe l'assegno alle vedove

Giulio Bucchi
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Un anno fa, quando il centrodestra si interrogò sul proprio futuro senza Berlusconi, lanciammo provocatoriamente l'idea di arruolare Matteo Renzi. Qualche lettore ricorderà: erano mesi in cui il sindaco di Firenze sfidava Pier Luigi Bersani e voleva obbligare alle primarie un Pd maldisposto, per decidere chi nel centrosinistra dovesse fare il presidente del Consiglio. All'epoca non c'era la corsa a salire sul carro del rottamatore come sta accadendo in queste settimane, ma al contrario la nomenklatura del partito aveva una voglia matta di rottamare il ragazzetto impertinente che si permetteva di criticare gente del calibro di D'Alema e Veltroni. I toni e gli argomenti usati da Renzi erano così fuori dagli schemi che, invece di piacere a quelli di sinistra, piacevano a quelli di destra, i quali se avessero potuto partecipare alle primarie del Pd avrebbero votato in massa il sindaco toscano. Qualche sondaggista stimò addirittura che almeno un quarto dell'elettorato berlusconiano in caso di elezioni sarebbe stato tentato di dare il proprio consenso al giovanotto.  Acqua passata, che oggi sembra quasi di un secolo fa. Delle proposte e degli atteggiamenti di Renzi che tanto piacevano nel centrodestra, adesso non c'è quasi più niente. Altro che rottamazione della vecchia classe dirigente: per  vincere le primarie ora il sindaco di Firenze sta imbarcando tutte le cariatidi della sinistra. Da Fassino a Bassolino, da Castagnetti a Franceschini, da Veltroni a Enzo Bianco. L'ultimo a iscriversi fra i renziani è stato Giusi La Ganga, un passato socialista e una fedina penale da tangentista. Tuttavia, a inquietare non è solo la gente che negli ultimi tempi ha preso a frequentare Renzi, ma preoccupano le idee che l'aspirante sindaco d'Italia va ripetendo nelle sue apparizioni pubbliche. Se prima nel mirino finiva la Casta, ma anche certi riflessi pavloviani della sinistra sul mercato del lavoro e sull'ambiente, adesso il giovane Matteo pare aver sposato tutte le tesi care ai compagni. E, con la foga che gli è riconosciuta, sembra addirittura voler andare oltre. Il programma che propugna nei talk show, l'ultimo dei quali quello di Michele Santoro, ricorda più la piattaforma del vecchio Pci che il piano di quella sinistra riformista e liberal a cui diceva di ispirarsi. Prendete ad esempio il tema delle pensioni. Da tempo il giovanotto ne ha fatto un cavallo di battaglia, convinto che spremendo quelle si possano sistemare i conti dell'Italia. Dove si trovano i soldi per il cuneo fiscale? Ovvio, togliendoli ai pensionati d'oro. Non importa che le pensioni d'oro siano solo in tutto 540 e che costino complessivamente 178 milioni: per Renzi dai pensionati che vivono nel lusso si possono ricavare tre o quattro miliardi.  Il professor Tito Boeri - che certo non è un liberista ma un progressista che potrebbe stare nel presepe del  sindaco fiorentino - ha spiegato che anche tassando chi non è un pensionato d'oro ma solo un pensionato che non fa la fame si recupererebbero fra i 700 e i 900 milioni. Nonostante ciò Renzi insiste.  E giovedì, a un pensionato che gode di una buona pensione ma interamente versata, cioè non costruita grazie ai trucchi del sistema retributivo bensì versando più soldi di quanti oggi ne percepisca, ha detto senza andare troppo per il sottile che lui intende togliere ai ricchi per dare ai poveri.  Il novello Robin Hood dimentica però che questo è proprio il programma delle società comuniste: a chi ha di più bisogna togliere per ridistribuire la ricchezza. E non conta che molti dei pensionati al minimo non abbiano versato i contributi e dunque costringano lo Stato - vale a dire noi - a liquidare loro una pensione che non hanno pagato. Deve essere chi in quarant'anni di lavoro ha maturato un assegno superiore alla media a privarsi di 500 euro per darli a chi la pensione non l'ha maturata perché non ha lavorato, ha evaso i contributi o ha contribuito al minimo. Insomma: togliere agli onesti per dare ai furbi. Renzi vuole importare un po' di socialismo reale dalla Toscana, estendendolo al resto del Paese? No, vuol fare di peggio. Siccome ha una nonna che è rimasta vedova in giovane età e a novant'anni continua a percepire una congrua pensione di reversibilità, l'affettuoso nipotino ha in programma di ridurre la pensione alle vedove. Visto che non hanno lavorato ma godono «solo» del lavoro del marito e in base alla statistica campano più degli uomini, il sindaco che si candida a portare l'Italia verso il Sol dell'Avvenir intende ridurre il vitalizio alle signore senza marito, offrendo in cambio asili nido. Cosa di cui un Paese con la natalità in calo e gli anziani in aumento sente molto il bisogno e di cui beneficeranno gli extracomunitari, i quali fanno più figli degli italiani. Questo non è il nuovo che avanza, come vorrebbe far credere Matteo: è il vecchio che ci è avanzato. L'altra sera, da Santoro, il giovane Matteo si è rifatto allo slogan elettorale del neo sindaco di New York Bill De Blasio: «Nessuno deve restare indietro», lasciando capire di volersi ispirare a quel programma. In realtà, con lui al governo, tutti tornerebbero indietro. Ve lo dico ora: la nuova promessa del Pd è pericolosa. Oltre alle parole e alle sue battute non è vero che non c'è niente:  ci sono i soliti compagni. Perché Renzi in fondo è solo un Veltroni 2.0.  di Maurizio Belpietro [email protected] Twitter @BelpietroTweet

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