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Vivono sul Santo Sepolcro

Monaci scendono per il papa

Silvia Tironi
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La loro missione, oltre a quella di pregare, è la custodia del tetto del Santo Sepolcro, sul quale vivono da quando lo Statu Quo, la legge che attribuisce la custodia dei luoghi santi alle diverse fedi e confessioni cristiane, ha destinato loro quella parte di chiesa. Ma per una volta i monaci etiopici, una ventina in tutto, domani mattina alle 10.15 lasceranno la loro casa per poter vedere papa Ratzinger, che visiterà il luogo più sacro del Cristianesimo, il santuario in cui anche a loro è stato concesso uno spazio. Ma nella spartizione non si può dire siano stati fortunati. A loro è toccato il tetto, sul quel i monaci pertanto vivono. Lì hanno costruito piccole e anguste celle di cemento, senza finestre e senza oggetti non necessari alla sopravvivenza. Otto metri quadrati ciaacuna, con all'interno un letto, un armadio, una sedia di plastica e tappeti sul pavimento. I più fortunati (saranno forse quelli che hanno fatto carriera') hanno a disposizione anche una stufa, un bollitore per l'acqua e alcune coperte, rigorosamente ammucchiate in un angolo della stanza. Le cellette sono ambienti umidi, freddi ed essenziali: luce al neon, nessuna foto alle pareti, nessuna icona e nemmeno croci. Per pregare e dire messa ai monaci etiopici basta quel poco che hanno a disposizione. Durante le celebrazioni cantano a squarciagola e usano bastoni che battono ritmicamente sul pavimento, facendo un gran rumore e disturbano le altre celebrazioni in corso. Retaggi dell'Africa tribale, si giustificano gli abissini, un modo per vendicarsi, sostengono gli altri. A volte si recano a pregare nel monastero accanto alla loro casa, una piccola struttura capace di accogliere una ventina di persone, strette strette. Uno stile più accogliente delle celle, ma nulla a che vedere con il monastero nel quartiere cristiano di Gerusalemme, a fianco della chiesa etiopica, messo a disposizione dei monaci ma da loro mai utilizzato. Cortile con piante rampicanti, balconi fioriti, stanze finestrate e persino Lyia, una signora preposta a tutte le questioni organizzative. Ma gli abissini preferiscono stare sul tetto del Santo Sepolcro tutto l'anno, chiusi nelle loro preghiere e ignorati dai turisti che a loro volta non considerano. Ma domai, per il papa, faranno uno strappo alla regola, e usciranno dalla loro casa. Domani però scenderanno fra la gente, perchè dice padre Girma «uno strappo alla regola per il Papa si può fare». Non sembrano soffrire per la sistemazione che hanno dato loro.

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