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Svizzera, "no a una sanità all'Italiana": la campagna contro il referendum

Luca Di Martino
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Dopo le violente campagne contro i transfrontalieri italiani, dalla Svizzera arriva un altro schiaffo al Belpaese. In questo caso, nel mirino degli elvetici, c'è il nostro sistema sanitario, utilizzato come pietra di paragone (negativo). Si tratta di una campagna pubblicitaria dallo slogan: "No a una sanità all'italiana". La campagna è stata organizzata in vista del referendum, fissato il 28 settembre, il cui scopo dei promotori è favorire una maggiore ingerenza pubblica nel sistema sanitario svizzero. Verso il voto - Da diverso tempo la politica svizzera si è divisa in due in vista del referendum sul servizio sanitario pubblico. Se una volta erano i partiti politici più nazionalisti e conservatori a farsi carico della salvaguardia degli interessi svizzeri, adesso a cavalcare la polemica contro una maggiore influenza pubblica nella sanità sono le numerose associazioni private, che vedono in Economiesuisse - una sorta di super Confindustria che riunisce tutte le organizzazioni imprenditoriali svizzere - l'apogeo del dissenso. Lo slogan diffamatorio non si è fermato solo sui vari spazi pubblicitari, manifesti, giornali e televisioni. Ha trovato, invece, un forte e consolidato consenso sui social network, dove l'opinione pubblica ha espresso un pensiero pressoché condiviso e unito. Interessi in gioco - I promotori del referendum sulla pubblica sanità chiedono con toni quasi supplichevoli di intervenire sul dilagare delle agenzie private, che con le loro manovre congiunte starebbero strozzando i diritti a una maggiore equità di trattamento nei confronti delle classi disagiate. Dalla fazione opposta l'esercito delle sessantuno associazioni e cliniche private trova nell'elettorato benestante un appoggio indiscutibile. D'altro canto gli svizzeri ragionano in modo pragmatico: l'efficienza dei servizi privati fa premio sui pesanti costi, e finché si riceve una cura perfetta e trasparente, nessuna rivoluzione è legittimata. E non a caso a caldeggiare i "no" alle urne sono state, per prime, le autorità federali di Berna, con la nota ufficiale: "La concorrenza incentiva modelli e prestazioni innovative".  Anche se la battaglia è ancora aperta e il partito socialista si dice speranzoso, gli osservatori evidenziano le scarse probabilità di successo del referendum.

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