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Il Califfato di cui nessuno parla si trova a due passi dall'Italia

Matteo Legnani
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Gli italiani non se ne sono praticamente accorti, ma dal 5 ottobre la bandiera nera dello Stato Islamico sventola a 430 miglia nautiche dall'Italia. Meno della distanza che c'è tra Torino e Napoli. E non si limita a sventolare. Secondo Human Rights Watch, gli 80.000 abitanti di Derna sono tenuti in pugno dai miliziani dell'Isis con sistemi altrettanto draconiani di quelli usati in Iraq e Siria: impiccagioni, decapitazioni, flagellazioni in pubblico, distruzione di moschee e tombe, assassinii. «Un regno del terrore», ha testimoniato un attivista per i diritti umani che è riuscito a fuggire. Dopo Gheddafi - Città di epoca ellenistica che dopo l'antichità era stata abbandonata, Derna fu ripopolata nel 1493 con musulmani espulsi dalla Spagna, in cui ovviamente il dente avvelenato favorì il consolidarsi di una mentalità integralista aspra e militante. Roccaforte dell'opposizione islamista a Gheddafi, quando nel 2007 gli americani scoprirono una lista di combattenti stranieri nell'insorgenza irachena risultò che venivano da Derna ben 52 dei 112 libici. Il 18 febbraio 2011, dopo una protesta di massa, scappò di mano al governo di Gheddafi, che non la recuperò mai più. Ma neanche le altre autorità alternative emerse in Libia riuscirono mai ad averla sotto il loro pieno controllo, tant'è che ancora durante la guerra tra gheddafisti e anti-gheddafisti iniziarono a diffondersi allarmi sul fatto che Derna era ormai diventata una base di al-Qaida. Molti di questi jihadisti dopo la caduta di Gheddafi sono partiti per combattere in Siria, dove sono entrati in contatto con l'Isis. E all'inizio dell'anno alcuni di loro sono tornati a Derna, dove hanno costituito il Consiglio della Shura della Gioventù Islamica. Approfittando del clima di generale caos, da aprile il Consiglio ha iniziato a imporre il suo potere su Derna, mettendo i membri delle altre milizie di fronte all'opzione o aderire, o essere massacrati. «Riempiremo la terra con le vostre tombe», è stato il tono dell'ultimatum. Chi si è piegato ha dovuto sottoscrivere «lettere di pentimento», versione jihadista delle autocritiche di stalinista e maoista memoria. Il 5 ottobre, appunto, il Consiglio ha formalmente messo la città sotto lo Stato Islamico, facendo sfilare per le vie principali 60 pick-up pieni di miliziani. Infine la popolazione è stata convocata con volantini, e obbligata a giurare fedeltà. Non senza resistenze, visto che durante la cerimonia è esplosa una bomba artigianale. Ma il docente di Belle arti all'Università Osama Al Mansouri, che aveva fatto il riottoso, due giorni dopo è stato trovato morto nella sua auto. La stessa fine hanno fatto due attivisti per i diritti umani di 19 e 21 anni, che erano stati rapiti il 6 novembre. Polizia islamica - Tutta una serie di organismi è stata creata per far rispettare la Sharia nel modo più severo: un Comitato per la Risoluzione delle Dispute e la Riconciliazione, un Tribunale Islamico, un ente denominato Diwan al-Hisbah per la «promozione della virtù e la prevenzione del vizio», un ufficio per l'educazione, una polizia islamica che pattuglia le strade. Va detto che non è nulla di tanto diverso da quello che esiste in Iran o anche in Arabia Saudita. L'alcol è stato ovviamente vietato, nelle scuole i maschi sono stati separati dalle femmine, storia e geografia sono state eliminate dai curriculum, il velo integrale è stato imposto perfino ai manichini dei negozi di vestiti. Così come molti miliziani, anche alcuni giudici del tribunale islamico sono stranieri, venuti in Libia a imporre la propria sanguinaria utopia. Già il 25 luglio un libico e un egiziano accusati di omicidio e consegnati ai miliziani dai parenti della vittima sono stati dichiarati colpevoli dopo una sommaria procedura a porte chiuse. In compenso, l'esecuzione è stata poi pubblica. «Uccideteli voi», è stato proposto ai familiari. Questi hanno declinato, e i due sono stati allora giustiziati: l'uno con una pallottola in testa, mentre per l'altro ce ne sono volute due. Secondo il modello dei Taleban, il 19 agosto un'altra esecuzione è stata fatta in uno stadio di calcio. Cittadino egiziano, Mohamed Ahmed Mohamed è mostrato in un video di sei minuti: inginocchiato, bendato e con le mani legate dietro la schiena. Un uomo mascherato gli legge l'accusa di aver ucciso il libico Khalid al-Drissi, e poi chiede ai parenti della vittima se lo vogliono perdonare. Quando questi rifiutano il «giudice» dà una pistola a uno di loro, che uccide l'accusato con uno sparo alla testa. Le fustigazioni - Sempre in pubblico, «il 25 o 26 ottobre» otto giovani hanno ricevuto 40 frustate a testa, per aver bevuto alcol durante una festa di addio al celibato. La testimonianza riferisce che due carnefici si alternavano, iniziando a colpire dalle spalle e continuando fino ai piedi. E di altre due fustigazioni si sa perché il Consiglio le ha messe sui Social Media: come dire, Medio Evo 2.0. Quando comunque è necessario, il Consiglio colpisce senza tante cerimonie: ne fanno fede gli oltre 250 omicidi di cui i suoi uomini si sono resi colpevoli a Derna e Bengasi dall'inizio del 2014. di Maurizio Stefanini

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