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Russia, rischio default: perché la corsa al ribasso del petrolio terrorizza Vladimir Putin

Andrea Tempestini
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La corsa al ribasso del petrolio, vicino ai 60 dollari al barile, rischia di mettere fuorigioco diversi Stati: si parla di un vero e proprio default, e non del "semplice" blocco della produzione di shale, il rischio che corrono in primis gli Stati Uniti. La lista dei paesi a rischio-crac la stila Il Sole 24 Ore. Al primo posto c'è l'Iran, che fissa il punto di pareggio di bilancio con un petrolio a 140 dollari al barile, 20 dollari in più di quelli "necessari" al Venezuela, altro paese a rischio crac. A rischio anche l'Arabia Saudita, che però può contare su riserve valutarie molto più consistenti. Quindi il Kuwait, la cui fonte di ricchezza quasi esclusiva è l'oro nero, ma che per ora dorme sonni più tranquilli: il punto di bilancio è fissato a 53 dollari. Ma è il quinto Paese della lista quello più sorprendente: si tratta della Russia di Vladimir Putin. Il governo di Mosca, infatti, fatica a mantenere le promesse di spesa pubblica già quando il petrolio scivola sotto i 100 dollari al barile. Il rischio default, dunque, è concreto. Putin, però, ha un vantaggio per esempio rispetto a Venezuela ed Arabia Saudita: si aggancia all'andamento del dollaro per le esportazioni. Può dunque contare su una svalutazione competitiva del rublo (che ha aggiornato il minimo storico a 53,91 centesimi), che dunque in parte controbilancia la caduta del prezzo del petrolio, rendendo le esportazioni del Paese più competitive.

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