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Osama Bin Laden, le menzogne di Barack Obama: il terrorista prigioniero da anni, ucciso (pagando) per vincere le elezioni

Andrea Tempestini
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Bugie e menzogne. Una valanga che travolge Barack Obama. E lo travolge sul suo (presunto) principale successo: il raid ad Abbottabad in cui fu ucciso Osama Bin Laden. Non tutto sarebbe andato come ci è stato raccontato, almeno secondo una delle più importanti firme del giornalismo mondiale: Seymur Hersh, premio Pulitzer, che in un articolo pubblicato sul London Review of Books getta terribili ombre sulla Casa Bianca, sulla Cia e soprattutto sul presidente degli Stati Uniti. Obama, balle su Bin Laden: crete alla versione di Hersh? Vota il sondaggio su Liberoquotidiano.it Notizie comprate - Si tratta di dichiarazioni esplosive, di una ricostruzione sconcertante. Si parte da un fatto: Osama Bin Laden sarebbe stato prigioniero dei pachistani sin dal 2006, ed era prigioniero proprio nel compound di Abbottabad. Lo sceicco del terrore, insomma, non sarebbe più stato al vertice di Al Qaeda da anni. La Cia, rivela Hersh, avrebbe appreso la sua posizione da un ufficiale dell'intelligence pachistana, pagato profumatamente: 25 milioni di dollari. La versione diffusa dal governo Usa, ovvero che la posizione di Osama sarebbe stata scoperta in un interrogatorio ad un corriere di al-Qaeda, sarebbe dunque falsa. Il merito? Dei pachistani - Il punto più sconcertante della ricostruzione, però, è che gli americani avrebbero negoziato con l'intelligence pachistana per poter condurre l'operazione. Le polemiche sul raid in territorio pachistano, dunque, sarebbero state soltanto fumo per rendere ancor più "scintillante" il successo di Obama. Già, perché il fatto che il raid contro Bin Laden fosse andato a buon fine sarebbe in primis un merito dei pachistani: nel giorno dell'attacoo, l'Isi (l'intelligence di Islamabad) avrebbe tagliato l'energia elettrica nella zona in cui si nascondeva il terrorista, e poi si accertò che nessuna forza pachistana interferisse con gli elicotteri americani che sorvolavano la zona Le omissioni di Obama - E ancora, la lunga sequela di menzogne si allunga con la sparatoria, che non ci sarebbe mai stata. Nel compound, infatti, gli unici colpi esplosi sarebbero stati quelli che uccisero Bin Laden. Il commando lo crivellò di colpi. E non solo: dopo la sua morte, Osama non sarebbe stato sepolto in mare, così come ci aveva detto Obama, ma bruciato in Afghanistan. Il punto, cruciale, è che di quell'operazione il presidente Barack, nei fatti, se ne assunse il merito, anche se aveva concordato tutto con i pachistani. Quando Obama diede la notizia al paese, non parlò né dell'Isi né del legame tra le due nazioni. Le ragioni di queste omissioni? Squisitamente elettorali: si avvicinava il voto, Obama temeva di non essere rieletto e così confezionò una storia dalla quale ne uscì da eroe. E, putacaso, Barack venne riconfermato alla Casa Bianca. Bolle mediatiche - La ricostruzione di Hersh continua rivelando che a chi stava al fianco di Osama prima del raid fu ordinato di andarsene non appena avessero sentito i rumori degli elicotteri. Inoltre, tutti i dettagli del raid furono esagerati dalla Casa Bianca, così come nelle settimane che precedettero l'attacco fu esasperata a livello mediatico la minaccia di Al Qaeda: l'obiettivo era inculcare nella popolazione l'idea che Bin Laden fosse ancora operativo e pericoloso, mentre così non sarebbe stato. Hersh conclude sottolineando come dopo il raid e dopo il mancato riconoscimento dei meriti pachistani, le relazioni diplomatiche tra Washington e Islamabad attraversarono una profonda crisi, e ci volle del tempo per ricucire. Ma intano, Obama, il suo obiettivo lo aveva raggiunto: era tornata alla Casa Bianca.

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