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La bomba sporca, l'incubo di Hiroshima: dove l'Isis vuole fare un'ecatombe

Andrea Tempestini
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Nelle ore successive agli attentati di Bruxelles era filtrata la notizia che la polizia belga a dicembre scorso avesse scovato, durante le perquisizioni scattate dopo gli attacchi di Parigi, un video di dieci ore realizzato con una telecamera che inquadrava di nascosto la casa del direttore del programma di ricerca e sviluppo nucleare del Belgio. Sembra che a piazzarla fossero stati proprio i fratelli Ibrahim e Khalid el Bakraoui. La procura belga aveva preso sul serio la minaccia, tanto che qualche settimana prima degli attacchi a Bruxelles aveva inviato a protezione delle due centrali di Doel, nelle Fiandre, e di Tihange, tra Liegi e Charleroi, qualcosa come 140 soldati, e contestualmente aveva rimosso dai siti stessi tutto il personale non indispensabile. Giovedì sera un agente di sicurezza alla centrale di Tihange, Didier Prospero, è stato ucciso a colpi di pistola insieme al suo cane nei pressi della sua abitazione a Froidchapelle, a sud di Charleroi. Secondo La Dernière Heure, il quotidiano che ha riportato la notizia in esclusiva, gli assassini si sarebbero impossessati anche del badge che utilizzava per entrare nel sito, dispositivo che sarebbe stato immediatamente disattivato per motivi precauzionali. TROPPI MISTERI La procura belga, la cui credibilità è già tuttavia ampiamente compromessa dai grossolani errori commessi in chiave antiterrorismo, smentisce che la morte dell'uomo sia in qualche modo legata alla minaccia islamica e nega pure la sparizione del badge. Ma è difficile non non collegare i due fatti, e cioè l'allarme scattato per un possibile attacco alle centrali e l'assassinio di una guardia che lavorava alle centrali stesse, tanto più che le autorità belghe dopo gli attentati non si sarebbero limitate a far rimanere a casa tutto il personale non indispensabile delle centrali, ma avrebbero fisicamente ritirato il pass di ingresso a 11 dipendenti, 7 dei quali secondo indiscrezioni sarebbero di fede islamica. L'ipotesi più accreditata rimane quella che i terroristi stessero effettivamente studiando un difficile attacco alle centrali, ma che dopo la cattura di Salah Abdeslam abbiano affrettato i tempi e optato per obiettivi più facili come l'aeroporto di Zaventem, dove peraltro i fratelli Bakraoui avevano lavorato, e la fermata Malbeek della metro di Bruxelles. Ma rimane da capire che ruolo avesse Didier Prospero e perché è stato ucciso. Resta assodato tuttavia che la minaccia nucleare non è campata per aria. Il coordinatore antiterrorismo dell'Unione Europea Gilles de Kerchove ha rivelato ieri al quotidiano La Libre Belgique che i sistemi informatici di monitoraggio collegati in rete (Supervisory Control and Data Acquisition) delle centrali nucleari belghe, delle reti ferroviarie e di quelle del traffico aereo sono vulnerabili e dovranno nei prossimi cinque anni far fronte ai cyberattacchi terroristi. A questo va aggiunto il warning del capo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), il giapponese Yukiya Amano, che avverte che i terroristi non solo punterebbero a un attentato alle centrali civili, ma potrebbero anche avere i mezzi, le conoscenze e le informazioni necessarie per costruirsi un ordigno atomico per conto proprio: «Il terrorismo si sta diffondendo e la possibilità che utilizzi materiale nucleare non può essere esclusa. Gli Stati devono avere interesse costante nel rafforzamento della sicurezza nucleare. I Paesi che non riconoscono il pericolo del terrorismo nucleare sono il problema più grande». 20MILA HIROSHIMA Secondo i dati dell'Aiea nel mondo c'è in circolazione una quantità di plutonio e uranio altamente arricchito tale da permette la costruzione di qualcosa come 20mila bombe come quella che ha distrutto Hiroshima. Ma il rischio maggiore, sottolinea Amano, è costituito dalle bombe sporche, ovvero quegli ordigni che utilizzano esplosivi convenzionali per disperdere materiale radioattivo diverso da uranio o plutonio. Tale materiale può essere trovato in piccole quantità nelle università, negli ospedali e in altre strutture in tutto il mondo, aree di guerra comprese come Siria e Iraq, dove spesso mancano controlli sufficienti. Esistono peraltro organizzazioni criminali, diffuse perlopiù negli Stati dell'ex Unione Sovietica, che si occupano del mercato nero di questo materiale e che sembra abbiano avuto nei mesi scorsi contatti con jihadisti ceceni vicini all'Isis. Le bombe sporche, avverte Amano, sono sufficienti a creare danni enormi e a innescare il panico tra la popolazione con conseguenze psicologiche ed economiche devastanti. di Carlo Nicolato

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