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La Bonino s'è dimenticata i marò in India

Di arbitrato internazionale non parla più nessuno. Anche per questo governo, quella di Latorre e Girone è una causa persa

Maria Giovanna Maglie
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Mi aspetto di vedere in tribuna il 2 giugno i familiari di Latorre e Girone, esibiti come scimmiette, e se comprendo e rispetto la loro decisione di stare là perché nulla rimanga intentato, provo sdegno nel saperli usati come alibi. Di arbitrato internazionale, previsto per la gestione delle controversie internazionali,uno strumento che  avrebbe assegnato ad altri non coinvolti nella vicenda  il compito di fare chiarezza, in particolare su chi avesse il diritto di esercitare l'azione giudiziaria,non parla più nessuno, a partire da un ministro degli Esteri che appare assai ossequioso e tanto tanto prudente, soprattutto rispetto agli standard orgogliosamente scandalosi del radical style; peggio, a leggere con attenzione le poche stitiche dichiarazioni di Emma Bonino sui due fucilieri di marina illegalmente detenuti da sedici mesi in India è chiaro che la partita viene data per persa, che si farà un processo in India, li condanneranno, poi con calma e con l'onta della condanna di assassini ce li rimanderanno, magari con l'obbligo del carcere al quale volentieri il governo si acconcerà; peggio, la radicale che non riposa mai ci invita a migliorare la nostra giustizia prima di criticare quella degli altri. È veramente uno schifo, fa il paio con l'ossequio alla Germania, e provatevi a pensare se ci fossero dei francesi, dei tedeschi, degli inglesi, al posto di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che casino avrebbero fatto i vari Hollande, Merkel, Cameron. Noi vili con Monti, vili con Letta, e a niente è servito che un ministro degli Esteri, Giulio Terzi, si sia dimesso pagando un prezzo altissimo pur di denunciare errori, debolezza, svendita della sovranità, anzi un sovrano menefreghismo. Dimenticavo, c'è un mediatore sonoramente incapace, Staffan De Mistura, perfino incapace di far fare qualche gesto concreto alle Nazioni Unite, dove si è fatto una comoda carriera, ora promosso addirittura super inviato del premier Letta, e scomparso nelle nebbie. E c'è un ministro della Difesa, quel Mario Mauro cresciuto da Comunione e Liberazione, coccolato e spedito alla guida del gruppo Pdl all'Unione Europea, passato frettolosissimamente con Monti, che in Europa evidentemente non conta un beneamato piffero, visto che la vicenda dei marò non gli fa un plissé a nessuno, figuriamoci a lady Catherine Ashton, commissario agli Esteri, che dovrebbe essere un pomposo superministro. Cito il generale Fernando Termentini, che dal suo blog tiene vive analisi e polemiche sulla vicenda, che va alle conferenze stampa a porre domande scomode che troppo spesso non ricevono risposta.  Il 15 febbraio 2012 la Marina Militare italiana comunicava ufficialmente: «I Fucilieri del Battaglione S. Marco, imbarcati come nucleo di protezione militare (NPM) su mercantili italiani sono intervenuti oggi alle 12,30 indiane, sventando un ennesimo tentativo di abbordaggio. La presenza dei militari della Marina Militare ha dissuaso cinque predoni del mare che a bordo di un peschereccio hanno tentato l'arrembaggio della Enrica Lexie a circa 30 miglia ad Ovest della costa meridionale indiana...». Quel giorno cominciava  una delle più complesse controversie internazionali destinate ad entrare a far parte come “caso di studio” nei testi di Diritto Internazionale e che rappresenta un momento oscuro  della nostra storia. Un modello di riferimento per spiegare come la titubanza ed il susseguirsi di decisioni anche discordanti fra loro, non aiutino una Nazione ad affermare la propria credibilità e sovranità, prescindendo dalle alchimie finanziarie o dal mancato rispetto dei parametri economici di Maastricht. Quel giorno cominciava anche l'odissea di due italiani, militari e gentiluomini, coinvolti in vicende collegate al compito istituzionale loro assegnato, presi in ostaggio da uno Stato Terzo, arrogante nei confronti di un'Italia pronta a cedere sovranità a vantaggio  di non meglio definiti  interessi economici. Chi in questo momento in Libano, in Afghanistan ed in altre aree difficili potrebbe essere costretto ad usare le armi per assolvere al compito ricevuto e nello stesso tempo, involontariamente,  causare “danni collaterali”, certo non si sente tranquillo, non può. Sto preparando un dossier, una pubblicazione esaustiva sulla vicenda, e mi interessa anche verificare se rispondano a verità le voci secondo le quali nel mondo militare furibondo, tra i fucilieri di marina, ci sia timore, siano troppo frequenti minacce dall'alto. Non ho prove, taccio per ora. Certo, basta a sentirsi sconfortati sulle promesse pur fatte dal nuovo governo la dichiarazione sconcertante resa da Emma Bonino in Parlamento. Cito a memoria. La strada per risolvere la crisi tra l'Italia e l'India sulla vicenda dei due marò è quella di un processo veloce e giusto a New Delhi- ha detto  il ministro degli Esteri italiano Emma Bonino in Parlamento- auspicando al tempo stesso che il governo italiano affronti quanto prima i problemi della sua giustizia, più volte denunciati dal tribunale dei diritti dell'uomo di Strasburgo, perché non si può chiedere all'estero quello che viene spesso disatteso in Italia. «Bisogna adeguare le richieste esterne con le pratiche interne», ha spiegato la Bonino. «Questa situazione di essere i primi ad essere condannati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo sulla lunghezza dei processi, la violazione dei diritti della difesa e la situazione carceraria è intollerabile umanamente e spero che il governo intervenga». Giusto e veloce il processo indiano, inaffidabile l'Italia, propaganda radicale e chi se ne frega dei due marò, capito?

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