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Catalogna, il giorno della secessione: il leader verso l'arresto, si temono scontri e spari

Andrea Tempestini
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Da niente a tutto. È quello che potrebbe succedere oggi in Catalogna dove in giornata è previsto l'intervento al Parlament del presidente della Generalitat e leader della rivoluzione indipendentista Carles Puigdemont per discutere, parole sue, «della situazione politica attuale». Potrebbe succedere che davvero si limiti a fare il punto, cosa improbabile, come che dichiari l'indipendenza come era previsto facesse ieri prima che la Corte costituzionale bloccasse la seduta prevista. In mezzo ci sono decine di possibilità e sfumature diverse, la più probabile delle quali sembra sia una dichiarazione di indipendenza «simbolica» secondo quanto avrebbe riportato Marta Pascal, la coordinatrice del Partito Democratico Europeo Catalano, alla Bbc. TANTI DUBBI Peccato però che poi lo stesso partito abbia smentito la Pascal, considerando che di fronte al voto di milioni di catalani non esistono dichiarazioni simboliche. Altre voce raccontano delle pressioni che Puigdemont starebbe ricevendo in queste ore dai suoi alleati, impressionati dal corteo anti-indipendentista di domenica, ma soprattutto, come nel caso del vice Oriol Junqueras, dalla minacciata fuga delle banche e delle aziende (ieri Abertis ha annunciato il trasferimento a Madrid), il cui potenziale economico ammonterebbe al 40% del pil locale. Nonchè dalle ultime dichiarazioni che arrivano dai leader europei, come quelle della Merkel che ha chiamato il premier Rajoy per confermargli il suo sostegno all'unità della Spagna, o come quelle del ministro francese per gli Affari europei, Nathalie Loiseau, che ha detto che se ci sarà una dichiarazione unilaterale di indipendenza la prima conseguenza sarà l'espulsione della regione catalana dall'Europa. Qualcosa di più che semplici voci o supposizioni più o meno fondate arrivano invece da Madrid, da dove ieri sono partite una serie di minacce senza ricevuta di ritorno all'indirizzo sempre di Puigdemont. La vice di Rajoy, Soraya Saenz de Santamaria, ha dichiarato che se oggi il presidente catalano dovesse dichiarare quello che molti si aspettano che dichiari, l'iniziativa \ da parte dello Stato spagnolo. «Carles Puigdemont deve parlare con il suo avvocato: noi impediremo l'indipendenza con tutte le misure necessarie, senza rinunciare a nessuno strumento della Costituzione né del Codice Penale», ha aggiunto invece il vicesegretario alla Comunicazione del Partito Popolare, Pablo Casado, che ha altresì ricordato come il Codice Penale spagnolo stabilisce in questi casi pene dai «15 anni per sedizione ai 25 anni per ribellione». Ma l'intimidazione di Casado non è finita lì, perché il suo «capolavoro» è stato quello di tirare fuori ad esempio la triste fine del leader di Esquerra Republicana de Catalunya, Lluís Companys i Jover, vittima indipendentista della spagna repubblicana antimonarchica pre-Franco, e poi del nazismo e di Franco stesso. EROE E MARTIRE Companys fu quello che nel 1934 da presidente della Generalitat proclamò unidirezionalmente l'indipendenza della Catalogna, guadagnandosi così l'arresto immediato e 30 di carcere. Fu liberato nel '36 dal Frente Popular, diventando capo del governo catalano per tutti gli anni della guerra civile, fino a quando nel '39 fu costretto a riparare in Francia. Nel '40 fu catturato dalla Gestapo nazista e rispedito nella Spagna ormai in mano a Franco, dove fu processato e condannato a morte. Prima di morire gridò «State assassinando un uomo onesto. Viva la Catalogna». Un esempio non dei migliori da ricordare se si vuole evitare di trasformare, come presumibilmente Casado vorrebbe evitare, Puigdemont in un eroe nazionale catalano così come Companys è già da un pezzo. Eppure il maldestro vicesegretario del Pp non è riuscito a trattenersi dal dire che Puigdemont potrebbe «fare la fine di Companys» dando ulteriore fiato alle trombe di chi accusa Madrid di fascismo e di manganellate di infausta memoria. di Carlo Nicolato

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