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Corea, l'allarme da Seul: gli hacker di Kim Jong-Un hanno rubato i piani di guerra

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Matteo Legnani
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Si pensa che siano tra i 1.800 e i 6mila. Sono gli hacker, i pirati informatici al soldo di Kim Jong-Un. Alcuni attivi entro i confini della Corea del Nord, altri sparsi in giro per il mondo. Fanno di tutto: sono imputati di attacchi a banche tradizionali (come quella del Bangladesh che s'è vista soffiare 80 milioni di dollari nel 2016) e a cambiavalute (decine di tentativi negli ultimi mesi per avere accesso ai preziosissimi Bitcoin). Ma l'allarme maggiore riguarda il furto, che è stato rivelato nei giorni scorsi da un deputato sudcoreano, del Piano operativo 5015. Penetrati nelle reti informatiche della difesa di Seul, i "pirati" di Kim hanno sottratto 335 gigabyte di dati , con molti documenti classificati sulle risposte militari sudecoreane e americane incluso, appunto, il Piano 5015 che prevederebbe anche un intervento preventivo di decapitazione della leadershop nordcoreana, da attuarsi grazie a sistemi sofisticati di sorveglianza degli spostamenti di Kim e dei suoi fedelissimi, e delle loro possibili vie di fuga. La speranza è che, nel gioco di specchi dei confronti cyber, il furto sia stato in realtà "permesso", e che i documenti fossero una "trappola", ovvero falsificati apposta per far avere falsi dati e false informazioni al nemico.

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