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Coronavirus, il Partito Comunista della Cina ammette gli errori: a pagare sono però i funzionari locali

Gabriele Galluccio
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Il Partito Comunista della Cina adotta il pugno duro per ripulirsi la faccia dopo le polemiche dell'opinione pubblica per il ritardo con cui è stata gestita l'emergenza coronavirus. Oltre 400 funzionari locali cinesi sono stati rimossi o puniti "per la cattiva gestione dell'epidemia": è quanto riportano i media locali spiegando che i provvedimenti sono stati adottati dal Comitato permanente del Politburo, il principale organo decisionale della Cina. Per approfondire leggi anche: Liceale italiano abbandonato Erano 337 i funzionari impiegati nella città di Huanggang, la seconda più importante alle spalle di Wuhan. Altri funzionari sono stati puniti a Tianjin e nelle province di Hebei e Fujian. Addirittura un alto funzionario di Hechi è stato espulso perché è rientrato a lavoro dopo un ricevimento di nozze nella zona di Wuhan anziché esser messo sotto osservazione medica. Così facendo il Partito Comunista ha ammesso "carenza" nella risposta immediata al coronavirus, tra l'altro dopo la pubblicazione di uno studio di ricercatori americani, cinesi e francesi che sostiene esista un'alta probabilità che il coronavirus si sia diffuso oltre Wuhan e altre città prima che i funzionari potessero metterle in quarantena. E quindi sono stati proprio i funzionari a pagare pegno per tutti.

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