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Olimpiadi, Sochi è gay friendlyPutin ha cambiato sponda

Dai locali che infiammano le notti olimpiche ai coming out degli atleti: i Giochi russi rischiano di essere ricordati come i più "omo" della storia

Matteo Legnani
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Via Sokolova è una stradina angusta e sgangherata, incastrata a fatica nel labirinto di rigagnoli di asfalto di Sochi. Qui, tra prefabbricati da set cinematografico e alberi allampanati, si nasconde un pezzo di Russia ribelle, trasgressivo e festoso: il Cabaret Mayak, il locale gay friendly più famoso della città. Complici le interminabili controversie sulle leggi antigay volute da Vladimir Putin, il club (come altri dello stesso tipo a Sochi) ha conosciuto un inaspettato successo durante le Olimpiadi. «Un'invasione che non ci aspettavamo», ammette il proprietario, Andrey Tanichev, che ogni sera registra il pienone. Non solo omosessuali, anche molti occidentali etero, di passaggio per i Giochi, che si ritrovano insieme per brindare e festeggiare fino alle prime luci dell'alba, tra spettacoli di drag queen (la star si chiama Zaza Napoli) e musica ad alto volume. Il Mayak è diventato un simbolo in poco tempo, la risposta istintiva a Putin e alla censura degli omosessuali. Sochi è diventato il luogo della protesta, pacifica ed allegra, di quella parte di Russia che non approva l'autoritarismo antigay del presidente e che sbugiarda quello che ha detto il sindaco della città del Mar Nero: «Qui non ci sono gay». Ma adesso è tempo di Olimpiadi, non di polemiche. E quindi succede che pure Vladimir Putin si addolcisca, contagiato dalla vitalità dello spirito olimpico. Solitamente titanico e inflessibile, il presidente russo stavolta veste i panni del padrone di casa gioviale e conviviale. Così, non sorprende che l'altra sera sia piombato nel quartier generale olandese, dove ha bevuto un boccale di birra insieme al re oranje Guglielmo Alessandro, intrattenendosi poi con alcuni atleti. Tra cui Ireen Wust, oro nei 3000 m di pattinaggio di velocità, dichiaratamente bisessuale. «Ci siamo abbracciati», ha svelato la Wust, «era felice di vedermi. Mi ha fatto i complimenti e mi ha chiesto se tutto fosse ok in Russia». L'Olanda è pure il Paese di altre due atlete omosex, cioè Sanne Van Kerkhof, pattinatrice di short track, e la snowboarder Cheryl Maas, che al termine della sua gara ha mostrato un guanto arcobaleno.  La capatina di Putin alla festa olandese (poi il presidente russo si è intrattenuto pure con la squadra austriaca) è una mano tesa, un riavvicinamento ideale verso un mondo, quello gay, che lo ha guardato e continua a guardarlo con sospetto. Il timore che ci potessero essere rappresaglie o generiche discriminazioni contro gli omosessuali durante lo svolgimento dei Giochi è un incubo naufragato. Putin ha tirato fuori tutto il suo repertorio da amicone, da zio saggio e moderato che ascolta e comprende. Magia delle Olimpiadi: l'eccezionalità che riporta alla normalità. di Francesco Giordano

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