G8, lotta all'evasione e giovani: i grandi vendono aria fritta

di Giulio Bucchidomenica 23 giugno 2013
G8, lotta all'evasione e giovani: i grandi vendono aria fritta
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Impegni (a raffica) per la ripresa. Promesse (come se piovesse) per lo sviluppo. Nuovi (futuri) accordi volti a creare posti di lavoro. Il G8 in Irlanda del Nord - che si era aperto nel segno dell’austerità, senza gli sfarzi del passato - si chiude con un sostanziale nulla di fatto. Le aspettative sono state deluse: niente di concreto per uscire dalla recessione, per portare i grandi paesi - ma non solo - fuori dalle secche cagionate dalla crisi finanziaria internazionale. Enrico Letta, al suo esordio al G8 come premier, ha cercato di mostrarsi soddisfatto. Tuttavia, l’inquilino di palazzo Chigi torna a Roma a mani vuote. Ma con capriole lessicali degne dei migliori prìncipi del foro, il presidente del consiglio ha cercato di vendere al meglio la sua merce. Ha detto di far ritorno a casa «carico di energie positive» spiegando che la due giorni irlandese è stata come «un grande ombrello di accordi, intese, strategie, che coprono e spingono in avanti le politiche che stiamo cercando di applicare in Italia».      E il lavoro? La disoccupazione giovanile? Letta ne ha parlato con il presidente Usa. Da Barack Obama, però, ha ottenuto una «sponda», vale a dire una pacca sulla spalla e poco altro. Lo stesso premier ha ammesso che la questione dei ragazzi da inserire nel mercato del lavoro «va risolta in casa». In vista del Consiglio europeo di fine mese è anzi sparito dall' agenda il tema della golden rule (lo scomputo degli investimenti produttivi dal bilancio statale) rinviato - ha fatto sapere il premier - a tempi migliori.  Uno dei temi al centro del vertice era la lotta ai furbetti delle tasse. Ma il  flop è arrivato  anche sull’atteso scambio di informazioni fiscali tra Svizzera e Italia. Secondo il premier Letta l’accordo sarebbe   a portata di mano. Di concreto, però, non s’è visto nulla, nonostante il G8 irlandese, come accennato, fosse  dedicato proprio al contrasto all’evasione e l’elusione fiscale. Promesse e aspettative, ma niente di scritto. Lo stesso  capo del Governo ha detto di attendersi dai paesi in condizione fiscalmente asimmetrica o che applicano il segreto bancario di dotarsi «in tempi rapidi delle regole di trasparenza». In questo caso l'Italia otterrà «un grande risultato» ha detto Letta parlando al futuro. La Svizzera, che è il principale centro finanziario off shore del mondo, con un patrimonio gestito di 2.000 miliardi di dollari, sta subendo forti pressioni da Usa e Unione europea, perché ponga fine al segreto bancario. I ministri delle Finanze della zona euro il mese scorso hanno incaricato la Commissione europea di avviare negoziati formali con Svizzera, Liechtenstein, San Marino, Andorra e Monaco. Stando al documento approvato ieri nella città di Lough Errne,  i paesi dovrebbero cambiare le regole che consentono alle loro società di spostare i propri profitti oltre frontiera per evitare di pagare le tasse mentre le multinazionali dovrebbero rendere noti dove realizzano i propri profitti e a che tipo di tassazione sono sottoposti. Il documento delle tre «T» (tax, trade e trasparency, cioè tasse, commercio e trasparenza) è una sorta di vademecum per «dare linfa» all’economia, alla crescita e al lavoro proprio contrastando l’evasione fiscale.    Ma finisce lì. Con gli impegni. Tanto rumore per nulla.  di Francesco De Dominicis twitter@DeDominicisF