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Coronavirus, l'Ue chiude le frontiere a tutti, ma apre le porte ai migranti. L'appello di Ursula von der Leyen

Fausto Carioti
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Frontiere interne serrate agli europei, frontiere esterne aperte agli extracomunitari: il paradosso di un' Unione allo sbando dinanzi al Covid-19 si vede anche dal modo in cui Bruxelles (non) gestisce i confini. Il trattato di Schengen, che autorizza chi è dentro l' Europa a spostarsi liberamente da uno Stato all' altro, ieri è stato sospeso per ragioni sanitarie. Pure in questa occasione la Commissione si è mossa in ritardo, facendo propria una decisione che non condivide, ma già presa da numerosi Stati, inclusi la Germania, la Francia, la Spagna e il Portogallo. Nelle stesse ore l' esecutivo guidato da Ursula von der Leyen, tramite un proprio portavoce, si è raccomandato ai governi affinché le «restrizioni temporanee» all' ingresso nella Ue, appena introdotte a causa del Coronavirus, «non si applichino alle persone che hanno bisogno di protezione internazionale», ovvero ai richiedenti asilo.

 

Questo perché, ha spiegato, ogni limitazione «deve essere bilanciata con il principio di non respingimento e gli obblighi del diritto internazionale». La Commissione ha anche ricordato che, mentre sulle frontiere interne decidono gli Stati membri, su quelle esterne è Bruxelles ad avere più potere. Per chi si presenta invocando tutela, dunque, i confini esterni dell' area Schengen continuano a non esistere. Purtroppo, il principio di restare solidali pure nel momento peggiore non tiene contro della realtà. Praticamente tutti gli extracomunitari che bussano alle porte dei Paesi europei, infatti, si proclamano richiedenti asilo, anche se solo una quota minima di costoro ha diritto a ricevere la protezione internazionale: ma questo si scoprirà dopo.


LA PROTEZIONE
Chi può, inoltre, sostiene di essere minorenne non accompagnato da genitori, obbligando lo Stato cui si rivolge ad accoglierlo e tutelarlo, e in Europa c' è una nutrita casistica di finti fanciulli che consiglia di sottoporre a verifica, una per una, tutte queste affermazioni, cosa che in pochissimi casi avviene (quando l' istituto svedese di medicina legale decise di accertare l' età di quasi 8.000 migranti arrivati di recente, i quali sostenevano di essere minorenni, scoprì che 6.600 di loro non lo erano affatto). Così, nel momento in cui le barriere interne si rialzano, le frontiere esterne restano, di fatto, spalancate. Chi si dichiara afghano, iraniano o iracheno può presentarsi al punto d' ingresso di qualunque Paese Ue con la certezza di essere accolto, purché sostenga di essere bisognoso di protezione internazionale.
I numeri dicono che tra il dichiararsi meritevole d' asilo, e l' esserlo davvero, la differenza è enorme.

 

Gli ultimi dati completi sono relativi al 2018. In quell' anno, nei 28 Paesi dell' Unione, sono state prese decisioni di primo grado riguardo a 582.000 domande di protezione presentate da cittadini extraeuropei, che in gran parte si sono dichiarati provenienti da Siria, Afghanistan, Iraq, Pakistan, Iran, Nigeria, Turchia e Venezuela. Un' ampia maggioranza di esse, 365.000 (il 63%) sono state bocciate. Solo a un richiedente su cinque, 122mila in tutto, è stato accordato lo status di rifugiato: i pochi altri che non sono stati respinti hanno ottenuto una protezione sussidiaria o un permesso di soggiorno per motivi umanitari, che in Italia dura due anni. Il discorso non cambia di molto se si guardano le decisioni definitive adottate dopo l' appello presentato da chi si era vista negata la richiesta: sono state sbrigate 116mila di queste pratiche e appena il 38% di esse ha avuto risposta favorevole. A conti fatti, solo in cinque Stati (Finlandia, Olanda, Regno Unito, Bulgaria e Austria) le domande accolte dopo l' appello sono state più della metà.


IN ITALIA
A maggior ragione, tutto questo vale per l' Italia. Nel 2018 il nostro Stato ha valutato 95.576 richieste d' asilo, respingendone il 67% e accogliendone in pieno solo il 7% (il restante 26% ha avuto la protezione sussidiaria o il solito permesso biennale per motivi umanitari). Ogni tre immigrati che secondo la Commissione dobbiamo fare entrare perché richiedenti asilo, dunque, due non risulteranno meritevoli di alcuna tutela. Il che non è nuovo, come si vede va avanti da anni, ma risulta paradossale nel momento in cui ai cittadini europei sono impediti gli spostamenti tra un Paese Ue e l' altro.
Il virus, peraltro, si sta rivelando l' occasione perfetta per lasciare l' Italia ancora più sola dinanzi all' immigrazione. «La chiusura delle frontiere, denuncia la senatrice forzista Anna Maria Bernini, «ha ridotto a zero i già scarsi ricollocamenti. Gli sbarchi di migranti continuano senza che l' Europa se ne faccia più carico». E anche questo non sorprende.

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