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La Gioconda falsa che vale 300mila euro, tutto grazie a una menzogna: come si arriva alla cifra-record

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Nando Sanvito
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È il tarocco che brilla di luce propria. Il falso che assume una propria identità slegata da ogni altra, diventa famoso e acquista valore. Non c'è più bisogno dell'originale, quella è un'etichetta ormai superata. Una premessa in capo all'articolo che segue: questa è la vittoria della resilienza di chi si ostina a far passare una cosa come un'altra e alla fine centra l'obiettivo. È la storia di Raymond Hekking, mercante francese, che a metà degli anni Cinquanta compra una copia della Gioconda dalla bancarella di un antiquario di Magagnosc, piccolo villaggio in Costa Azzurra. Prezzo del quadro? Più o meno 70 euro di oggi. Valore attuale del falso? Base d'asta sui 200/300mila euro.

E da Christie' s, giurano gli esperti, si andrà ben oltre. Si arriverà al milione tondo? Chissà: per un falso sarebbe certo un record. La cosa certa, indiscutibile, è la magistrale campagna di comunicazione messa in piedi dallo stesso Hekking a partire da settant' anni fa or sono. Un'epoca in cui la potenza dei media non era quella attuale, dei social non c'era nemmeno l'idea e i fenomeni da like e condivisioni stile Ferragni erano lungi dal venire (nostalgia...). Eppure, questo geniaccio francese è riuscito nell'impresa: valorizzare la copia della Monna Lisa di Leonardo, dipinta da chissà chi, e risve gliare il mercato dell'arte anche oltre le opere originali. Dietro ogni suo passo si è nascosto un calcolo freddo e lucido. Lo scopo era colpire nel segno, non era importante in che modo. E così siamo nel '63. Gli Stati Uniti vogliono a tutti i costi la Gioconda per un tour itinerante in patria, ma la Francia non ci sente. Kennedy è presidente da appena quattro mesi quando tenta di convincere De Gaulle.

 

 

Nulla di fatto. Fino a quando entra in partita la first lady, Jacqueline. Fascino e modi d'altri tempi ammaliano il generale: l'opera può finalmente lasciare il museo del Louvre e attraversare l'oceano. A Parigi scoppia il caos, i francesi scendono in piazza per protestare, anche solo prestare una tal icona è visto come un delitto, un tradimento nazionale. Ed è qui che si infila Hekking con scaltrezza. I riflettori sono tutti sulla Monna Lisa, lui ne approfitta per raccontare la sua singolare storia: è quella in suo possesso l'opera autentica! Senza troppi giri di parole spiega che quella conservata al Louvre è una copia. L'originale, secondo la sua versione, sarebbe andato perso dopo il celebre furto del 1911 a firma dell'italiano Vincenzo Peruggia, un dipendente del museo che la staccò dalla parete, la nascose sotto il cappotto e se la portò via. Due anni dopo il quadro ricomparve, ma Hekking ribadisce che non è quello vero. Per la stampa, le sue dichiarazioni sono a tutti gli effetti una notizia dirompente.

Uno scoop di quelli che se ne trovano pochi. I giornalisti cominciano la processione verso il mercante, che li invita a esaminare il suo quadro. Finanzia persino un breve documentario realizzato dalla British Pathé per convincere il mondo della bontà dei suoi racconti. Nel filmato, girato all'interno della sua grande villa in Provenza, si vedono studiosi ed esperti impegnati nelle valutazioni: da una parte c'è la Gioconda del Louvre, dall'altra quella di Hekking. Una sorta di "trova le differenze" in mondovisione. Ma nonostante gli sforzi del suo proprietario, l'opera viene certificata come una copia risalente al Seicento, dipinta da un italiano sconosciuto che si ispirava a Leonardo. Hekking sconfitto? Nemmeno per sogno. Il suo obiettivo era far parlare dell'opera bis, metterla al centro di un dibattito internazionale studiato a tavolino nei minimi dettagli, ed era perfettamente riuscito. La prova è proprio l'asta che in questi giorni verrà battuta da Christie' s: la Monna Lisa taroccata ha acquistato un valore da capogiro e ormai gode di autenticità propria. Certo, possedere una copia del Seicento, dipinta quando di fatto non esistevano riproduzioni dell'opera d'arte vinciana, non è comunque cosa disprezzabile.

 

 

 

 

Appendere alla parte un doppione della Gioconda, sapendo che l'originale non potrà comunque essere mai comprato da nessuno, non è per niente male. «Ha una storia assolutamente unica e questo gli dà valore. È più di un'altra copia di un'opera di Leonardo. Quella Gioconda non è una riproduzione meccanica, ma un'autentica copia del XVII secolo di un'immagine iconica, ha una sua autorità culturale. Se c'è un'immagine che genera dibattiti sul valore delle copie e riflessioni sull'autenticità, è la Monna Lista di Hekking. Ciò si rifletterà nel prezzo che il dipinto otterrà all'asta», ha spiegato Gabriele Neher, professore di Storia dell'Arte all'Università di Nottingham.

 

 

 

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