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Afghanistan, il neonato lanciato oltre il filo spinato per fuggire dai talebani: uno straziante epilogo

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Lo strazio del popolo afghano in fuga dai talebani in due foto: sono quelle del bimbo di pochi mesi che una madre, disperata, ha fatto passare attraverso il filo spinato dell'aeroporto di Kabul per assicurarsi che almeno lui potesse lasciare il Paese. E quella, scattata poche ore dopo all'interno dell'aeroporto, con il piccolo in braccio al sergente americano Isaiah Campbell, della 24esima Unità Meu, che sorride e lo culla per calmarlo. Dall'esercito Usa fanno sapere ora che il bimbo, come reso noto dal maggiore James Stenger, sta bene ed è stato poi riunito con la famiglia e "si trova al sicuro all'aeroporto", in attesa di imbarcarsi.

Lui e la sua famiglia, pur nel dolore immenso di questa situazione, possono considerarsi doppiamente fortunati: andranno all'estero, e lo faranno restando uniti. Da Kabul sono decine le storie di famiglie invece lacerate, con alcuni membri impossibilitati a fuggire dai talebani e con i figli affidati a perfetti sconosciuti che sono invece già dentro all'aeroporto, aspettando un volo. 

Una donna, intervistata dal Corriere della Sera, dà testimonianza di questa tragedia raccontando la propria storia. Il patto siglato col marito: almeno il figlio, Ayman di soli 3 anni, deve riuscire a entrare in aeroporto, anche a costo di lasciarlo andare da solo sperando che un'altra famiglia, un volontario di una Ong o un soldato riesca a prendersi cura di lui. "Non siamo riusciti nemmeno a entrare in aeroporto. Durante il percorso siamo stati fermati due volte dai talebani che sbattevano il Kalashnikov sul vetro della nostra auto. Poi uno di loro ha infilato la testa nel finestrino: 'Devo andare in ospedale', gli ho detto, e ci hanno fatto passare. Ayman piangeva disperato". Una volta arrivati nei pressi dell'aeroporto, si sono resi conto  del caos. "Ci picchiavano sulle gambe con dei cavi. Avevamo paura che ci sparassero e allora siamo tornati a casa". Quindi le parole strazianti: "Lo farei anche ora. La nostra priorità è mettere al sicuro Ayman e se questo volesse dire separarci da lui saremmo pronti a farlo. Kabul è morte, tutto il resto è meglio. Vi prego, non giudicateci. Siamo madri e padri come voi. Qui i nostri figli rischiano di essere uccisi o rapiti e addestrati per diventare kamikaze, le nostre figlie rischiano lo stupro. Voi che cosa fareste? Io sono pronta a dargli un futuro e a morire di dolore".

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