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Dmitrij Medvedev, "Zelensky mostriciattolo". Perché la colomba di Putin è diventato il falco più spietato

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Da premier gentile a falco del Cremlino: Dmitrij Medvedev, oggi vice-presidente del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Russia, è uno degli uomini più vicini a Vladimir Putin. Nel corso del tempo, però, ha subito una trasformazione intensa, come scrive il Corriere della Sera. Nei suoi discorsi, infatti, non c'è più spazio per i toni liberali del passato. Adesso Medvedev difende e giustifica la guerra in Ucraina ancor più dello zar. 

 

 

 

E' lui, infatti, che considera le notizie sui crimini di Bucha "fabbricate ad arte da media ben pagati" dell'Occidente. E' lui che parla dei nazisti e delle "bestie" di Kiev da eliminare. Ed è sempre lui che, proprio come Putin, sogna una volta per tutte la "denazificazione e smilitarizzazione" dell’Ucraina. Si può immaginare, quindi, quale sia il suo pensiero sul presidente ucraino. Basti pensare che ieri lo ha definito "un mostriciattolo". Il cambiamento di Medvedev, secondo il Corsera, sarebbe dovuto al "rapporto di totale fedeltà e sudditanza nei confronti di Vladimir Putin, che conobbe nel 1990, quando entrambi si ritrovarono a lavorare per l’allora sindaco di San Pietroburgo, Anatoly Sobchak. Da allora non si sono più lasciati". 

 

 

 

Per capire quanto lo zar si fidi di lui, inoltre, basta ricordare che nel 2008 Putin lo scelse come suo successore temporaneo alla presidenza, diventando il suo primo ministro. Anche in quel caso, però, Medvedev non riuscì mai a uscire dall’ombra del suo "capo". Il sogno di una Russia più liberale con lui al vertice finì ben presto: nel 2011 Putin e Medvedev annunciarono la cosiddetta "rokirovka", lo scambio di posizioni: il primo tornò al Cremlino, mentre l’altro divenne il suo premier. Fino alla destituzione nel 2020, per via delle pesanti accuse di corruzione che lo resero più debole. 

 

 

 

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