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L'ambasciatore Stefanini: dopo Usa e Brasile... "cosa rischiamo"

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Brasilia come Capitol Hill. È questo il paragone sulla bocca di tutti all'indomani dell'assalto ai palazzi del potere brasiliano. I sostenitori di Jair Bolsonaro hanno attaccato le sedi delle massime istituzioni, facendo tornare alla mente l'aggressione per mano dei fan di Donald Trump. Aggressione, spiega l'ambasciatore Stefano Stefanini, che non ha portato a gravi conseguenze: "Gli Stati Uniti hanno tenuto. Mettiamo che anche il Brasile tenga", scrive sulle colonne de La Stampa senza negare che "il problema resta. Il populismo insurrezionale è trasversale, è una sorta di Quarta Internazionale. Si alimenta di scontento popolare e trova ispirazione in leader tanto carismatici quanto autocratici, se solo potessero - Donald Trump, Jair Bolsonaro sono gli esempi di scuola. Può permettersi di fallire, come negli Usa, e di riprovarci al prossimo voto".

 

 

Tutto questo fa credere all'ex consigliere diplomatico di Giorgio Napolitano che gli attacchi volti a "capovolgere i risultati elettorali, sono diventati un'alea da mettere in conto". E i rischi non mancano, a maggior ragione considerate le due differenze tra l'assalto americano e quello brasiliano. L'ambasciatore ricorda che "l'insurrezione di Washington avveniva più a caldo con un Presidente sconfitto alle urne ma ancora in carica per una manciata di giorni". L'assalto brasiliano, invece, "arriva in ritardo" con Lula già alla guida del Paese. 

 

 

"La seconda differenza - prosegue - sta nella solidità delle rispettive democrazie". La prima, quella Usa, "è stata sicuramente messa a dura prova da Trump, ma aveva istituzioni molto forti e collaudate da 250 anni circa di Costituzione". Diverso discorso per le difese istituzionali brasiliane. Queste ultime "non sono altrettanto collaudate e non possono contare su una tradizione storica di analoga durata". Da qui il timore che la democrazia venga cancellata. Una volta per tutte. 

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