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Generale Boni, "Putin ha sbagliato i tempi d'attacco"

Mirko Molteni
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Durerà ancora a lungo la guerra russo-ucraina, come ci pronostica il generale italiano Maurizio Boni, dal 2007 al 2010 distaccato al Comando interforze Nato di Lisbona, dal 2011 al 2012 comandante della brigata di Cavalleria "Pozzuolo del Friuli" e dal 2014 al 2016 capo di Stato Maggiore del Nato Rapid Deployable Corps.

Come ha potuto la guerra prolungarsi quasi un anno intero? 
«La guerra dura così a lungo perchè, per entrambe le parti c'è una grande sproporzione fra i rispettivi obbiettivi strategici e le risorse disponibili. Questo è vero per gli ucraini, che mirano ai confini del 1991, tanto che Zelensky continua a promettere che recupererà la Crimea, ma non hanno forze sufficienti. Ed è vero a maggior ragione per i russi, che fin dall'inizio della guerra, nel febbraio 2022, hanno schierato 190.000 uomini, insufficienti per un territorio così vasto. Entrambe le parti lottano su un terreno complicato. Un fronte lungo 2400 km dalle frontiere bielorusse fino al Donbass e alla Crimea, dove città, fiumi e boschi ostacolano i movimenti».

 

 

 


Come giudica le sanguinose battaglie delle ultime settimane fra Bakhmut e Soledar? 
«Il settore di Bakhmut, con la vicina Soledar, è sempre stato importantissimo per i russi, che non hanno mai smesso di attaccare lì anche quando in altre zone, come a Kharkiv, venivano respinti. La spina dorsale delle forze russe in quella zona è costituita dal gruppo Wagner, il cui capo Evgeni Prigozhin è alla ricerca di visibilità politica per dimostrare al presidente Vladimir Putin che lui vale più dei generali tradizionali. Comunque, Bakhmut è preziosa perchè è la porta d'accesso alla parte di Donbass non ancora conquistata dai russi. Se prenderanno interamente l'area di Bakhmut i russi disporranno di una postazione avanzata su cui rischierare la loro artiglieria per poi attuare un fuoco di profondità sulle retrovie avversarie».
Fin qui la tattica, ma qual è il quadro strategico? 
«La «I russi attuano un gioco su due fronti per disorientare gli ucraini. Sui confini settentrionali dell'Ucraina continuano a minacciare un possibile attacco dalla Bielorussia, distogliendo parte dell'esercito ucraino nel Nord, a difesa di Kiev. Intanto mantengono la pressione da Est per attuare una guerra di logoramento. Nel Donbass si vedono cose incredibili. I russi attaccano a ondate, fanterie contro mitragliatrici, come nella Prima Guerra Mondiale. Tutto si gioca sulla disponibilità complessiva di risorse. I russi sono avvantaggiati perchè hanno alle spalle un intero continente, sebbene sia sempre da tener presente che la quantità non significa di per sé capacità militare. Per gli ucraini sono invece fondamentali gli aiuti occidentali».

 

 

 


Le armi occidentali non bastano mai a Kiev. Si manderanno anche i decantati carri armati? 
«Sugli aiuti militari ci sono da fare dei distinguo. Sono importantissimi i sistemi di difesa antiaerea, per abbattere droni, missili e aeroplani russi. Essi hanno impedito all'aviazione russa di far valere tutto il suo potenziale. Sui carri armati, invece, i conti non tornano. Non credo che gli ucraini abbiano bisogno, al momento, di carri armati. Numeri confermati sulle perdite russe di carri da battaglia indicano in 1621 i mezzi persi al fronte finora, fra distrutti, danneggiati o abbandonati dagli equipaggi. Significa quasi metà dei circa 3300 carri armati che schierava inizialmente la Russia. Di quei 1600, e passa, carri persi, quelli catturati, riparati e reimpiegati dall'esercito ucraino sarebbero ben 535. Se si considera che le forze di Kiev hanno perso finora 450 dei loro tank, anche solo catturando carri nemici hanno più che ripianato le perdite. Credo quindi che la richiesta ucraina di carri da battaglia sia, per ora, ingiustificata e dovuta a motivi politici».
Il segretario Nato Stoltenberg ha confermato che gli arsenali dell'alleanza si stanno svuotando. Dobbiamo preoccuparci? 
«Sugli arsenali occidentali siamo a un paradosso. È vero, stiamo esaurendole scorte d'armamenti dei paesi Nato. Ciò implica che, in pratica, la Russia sta indirettamente indebolendo l'alleanza atlantica alimentando il consumo di armi e munizioni inviate in Ucraina. Ora, si possono fare varie scelte. Si può decidere di proseguire a dare armi a Kiev, attingendo, una volta che i magazzini siano vuoti, a sistemi stornati dai nostri reparti operativi. Ma rimarremmo senza difese. Oppure si può decidere di aumentare la produzione industriale di armi. Ma per farlo ci vuole tempo. E denaro».
S' è ripetuto spesso che la Russia sta esaurendo le sue armi. 
«La maggior parte di quelli sparati dai russi sull'Ucraina sono missili da crociera lanciati in volo da bombardieri, mentre relativamente pochi sono quelli lanciati da navi o sottomarini, così come quelli balistici. Detto ciò, la Russia sta già riorganizzando la sua produzione di armi, scegliendo di produrre in quantità sistemi meno sofisticati, anche per non aver più bisogno di microchip d'importazione per le parti elettroniche. Non sappiamo quanto tempo occorra alla Russia per imbastire una compiuta economia di guerra, ma sta seguendo questa strada».

 

 

 


Perché al capo di Stato Maggiore russo interforze Gerasimov è stato assegnato anche il comando delle operazioni in Ucraina, togliendolo a Surovikin?
«Penso che la sostituzione di Surovikin con Gerasimov sia dovuta al fatto che il primo era troppo vicino al gruppo Wagner e che si permetteva, d'intesa con Prigozhin, di avere colloqui privati con Putin saltando tutta la scala gerarchica. Più in generale, comunque, i russi avevano già nella guerra in Siria, fra 2015 e 2020, compreso i limiti del loro sistema di comando e controllo, iniziando a sperimentare, nelle loro più recenti esercitazioni, una maggiore autonomia dei comandanti sul campo. Ma per cambiare le procedure di un intero esercito ci vuole molto tempo».
Si può dire che l'attuale conflitto sia scoppiato troppo presto?
«Sì, la guerra in Ucraina è arrivata almeno due-tre anni prima che la riforma militare russa andasse a pieno regime. Fra l'altro i russi, pur avendo come obbiettivo una professionalizzazione delle forze, hanno poi deciso di mantenere un sistema misto, con aliquote di truppe professionali molto preparate insieme a un gran numero di personale di leva. È nella loro indole cercare la vittoria anzitutto con la quantità e, ripetiamo, col logoramento dell'avversario, anche se costa a loro stessi gravi perdite, come si è visto nella Seconda Guerra Mondiale. A meno di colpi di scena, la guerra andrà avanti perlomeno per alcuni mesi ancora. Bisogna vedere cosa accade in primavera con il disgelo». 

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