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Turchia, gli esperti: "Terremoto-doppietta", cosa è successo

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Una sequenza di due terremoti oppure un assestamento dopo una scossa potentissima? Sono divisi gli esperti sulla natura dei due terremoti che hanno scosso il sud-est della Turchia e il nord della Siria, causando almeno 4.300 morti e 19.000 feriti. Per alcuni, potrebbero essere dovuti a un fenomeno sismico "insolito" noto come "doppietta". Ad esempio, Suzan van der Lee, esperta di sismologia e docente presso la Northwestern University (Illinois, USA), ha spiegato a EFE che questo è il termine appropriato per indicare "una coppia di terremoti di magnitudo comparabile che si verificano molto vicini nello spazio e nel tempo". Un concetto che la stessa Van der Lee applica alla situazione vissuta in Turchia e Siria, che descrive come "relativamente insolita". Si trova d’accordo con questa interpretazione anche Stephen Sicks (University College di Londra), ma Hector Gonzalez-Huizar, membro di Temblor, un’organizzazione americana che si occupa di valutazione del rischio sismico, obietta che il significato di "doppietta" risponde a quei casi in cui un secondo terremoto si verifica sulla stessa faglia a distanza di poco tempo; oppure quando un terremoto si verifica subito dopo praticamente nello stesso punto. "Non la considererei una doppietta, ma una scossa di assestamento della prima. Dico questo perchè gli epicentri erano a circa 100 chilometri di distanza l’uno dall’altro e il secondo terremoto si è verificato circa nove ore dopo", ha dichiarato Gonzalez-Huizar.

 

Il fatto è che la Turchia e la Siria si trovano in una regione molto attiva dal punto di vista sismico, dove la grande placca tettonica araba converge nel suo spostamento verso nord con la placca anatolica, che si muove lateralmente in direzione ovest verso il Mar Egeo (placca eurasiatica). Gonzàlez Huizar, attualmente anche capo sezione presso il Centro per la ricerca scientifica e l’istruzione superiore di Ensenada (Messico), ha utilizzato questo punto per sostenere che i due terremoti "non si sono verificati sulla stessa faglia" ma "appartengono al sistema che comprende la faglia anatolica orientale". Tale ipotesi è rafforzata dal fatto che c’è stata una "grande differenza" nell’energia rilasciata, nonostante il fatto che lo 0,3 sulla scala Richter "possa sembrare il contrario". Secondo quanto afferma invece Wendy Bohon, esperta di terremoti e membro dell’American Association for Advancement of Science, "sebbene i sismologi non siano d’accordo" nel definire i casi di Turchia e Siria come una sequenza sismica progressiva ("doppietta") o come un terremoto principale più una scossa di assestamento, entrambi sono correlati. "La prima scossa di magnitudo 7,8 ha causato cambiamenti nello stress crostale su questo confine di placca e questo ha influenzato la seconda scossa di magnitudo 7,5", ha detto Bohon. Qualcosa che si sarebbe verificato quando la faglia ha perso gran parte del suo rilievo, a causa della sua "intensa attività sismica", e che potrebbe generare nuovi terremoti con "relativa facilità", ha sottolineato a EFE Jonathan Stewart, sismologo e professore all’Università della California (UCLA). Secondo l’analisi del Servizio geologico degli Stati Uniti (USGS), su una cosa sono concordi gli esperti: l’impatto delle scosse avrebbe potuto essere mitigato se i sistemi di allarme sismico fossero stati più sofisticati e se ci fossero state infrastrutture più solide.

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