La vicenda che ha visto coinvolta l’attrice spagnola Ana Obregon, diventata mamma grazie alla Gpa – gestazione per altri – a 68 anni, ha assunto contorni a dire poco inquietanti. Il fattore età, che non è dettaglio di poco conto, aveva già scatenato feroci polemiche da parte di chi riteneva la sua scelta un gesto egoistico, peraltro illegale in Spagna. E però, dove la natura pone uno stop, ecco che arriva la maternità surrogata, o meglio un utero giovane pronto a far fruttare l’investimento fatto. E chi se ne importa se alla soglia dei 70 anni sarebbe il caso, allimite, di spupazzare nipotini, e non allevare infanti appena nati. La scienza è progresso!
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Ci sono frasi che a distanza di anni appaiono più attuali di quando furono scritte. Tipo questa: «Esiste un...Il contorno inquietante che ha assunto questa vicenda ce l’ha svelato la stessa Obregon: «Ana Sandra non è mia figlia, ma anche la mia nipote biologica». In buona sostanza la bambina, nata in Florida, non proviene dai suoi gameti, ma dal seme congelato del figlio Alejandro Lecquio Garcìa, deceduto nel 2000, all’età di 28 anni, per cancro. È dunque lui il padre della piccola; ne consegue che la Obregon, legalmente “madre” della bambina, ne è in realtà la nonna. «Legalmente è mia figlia- conferma l’attrice -, e così viene indicata sul passaporto. La registrerò presso il Consolato spagnolo, e così potrò portarla a casa».
Spogliandoci di facili moralismi, impegnandoci ad essere mentalmente scevri da ogni minimo pregiudizio, ditemi se questo non è inquietante. La Obregon, per sgomberare il campo da facili polemiche, ci spiega che la decisione di concepire un figlio in vitro e ricorrere alla gestazione attraverso l’utero in affitto è stata «l’ultima volontà» del figlio Aless.
Ora, è indubbio che una madre farebbe qualunque cosa pur di assecondare i desideri di un figlio, ancora di più se in punto di morte, però ritengo debba esserci un limite: non può valere tutto. Perchè in ballo c’è un altro essere umano, un bambino che ha il diritto di crescere in un contesto che non abbia i contorni di un esperimento da laboratorio (profumatamente pagato). I bambini non possono diventare l’oggetto di desiderio a qualunque costo. E se non bastano i cataloghi, i contratti, le fiere per promuovere questa compravendita di esseri umani, oggi si aggiunge anche la possibilità di poter costruire un bambino come un mobiletto dell’Ikea, utilizzando i pezzi a disposizione.
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I sindaci ci vogliono bene, vogliono vederci felici, contenti, gioiosi. Come se fossimo mamma e papà, pur essendo...«Tuo papà è in cielo e prima che tu arrivassi era ciò che desiderava di più al mondo e tua mamma è una donatrice e basta», aggiunge l’attrice. Ma sì, che problema c’è? Sicuramente la piccola Ana Sandra comprenderà, e se non dovesse capire pazienza, le basterà leggere il libro che a breve la mamma pubblicherà. Un libro che, come tiene a specificare l’attrice, conterrà tutti i dettagli di questa vicenda e il percorso che ha portato alla realizzazione di questo sogno. La bambina troverà la sua storia fra gli scaffali delle librerie in bella vista, sbattuta sotto i riflettori, nella speranza che possa fruttare tanti bei soldoni alla mamma, e farla così rientrare dell’investimento. Possibile che nessuno riesca anche solo per un attimo a spostare l’attenzione su questi bambini che vedono scomparire dall’orizzonte la madre naturale subito dopo averli partoriti? Il fatto che queste creature non possano opporsi è irrilevante? Le persone contano solo quando generano profitto? Chi ha deciso che i desideri degli adulti debbano venire prima di quelli dei bambini? E non parlate di nobili sentimenti, quando questi stessi bambini vengono concepiti e programmati per crescere già orfani di padre e con una madre–nonna. Se l’amore è la più alta forma di altruismo, vicende come queste ne sono l’assoluta negazione.