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Russia, la confessione di Kiev: "Sì, ammazziamo noi i putiniani"

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Maurizio Stefanini
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Kiev accetta la mediazione africana ma intanto ammette di aver compiuto gli attentati contro esponenti dei media del regiem russo. Adesso pure il Continente nero prova a mettersi in mezzo con un piano di pace. In realtà ci aveva già provato un anno fa, quando il presidente senegalese Macky Sall come presidente dell’Unione Africana era andato sia a Mosca che a Kiev, ricordando il disagio della regione per il drastico calo di export alimentare da Ucraina e Russia causato dalla guerra. Probabilmente la cosa ebbe un ruolo nel propiziare quella mediazione turca per cui dallo scorso luglio è ripresa la partenza dei cereali dal Mar Nero. Ma stavolta l’iniziativa parte dal presidente sudafricano Cyril Rampaphsa, che ha fatto l’annuncio durante un briefing a Città del Capo in margine alla visita del primo ministro di Singapore Lee Hsien Loong.


Si potrebbe malignare che far finire la guerra è diventato per il Sudafrica un interesse anche di politica interna per uscire da quel groviglio per cui da una parte la magistratura locale ha anticipato che se per caso Putin si azzarda a presentarsi per il vertice dei Brics in agenda a Johannesburg dal 22 al 24 agosto lo schiaffano dentro, in base all’ordine di arresto della Corte Penale Internazionale; dall’altra il comandante dell’esercito è però appena andato a Mosca a parlare di “coordinamento militare” col collega russo; dall’altra ancora lo stesso Ramaphosa si è prima arrabbiato per l’ambasciatore Usa che ha denunciato la partenza dal Sudafrica di un carico di armi per la Russia a dicembre, ma poi ha ammesso che forse il carico c’era stato davvero ma il governo non ne sapeva niente. Insomma, pace tra Russia e Ucraina come premessa di pace tra poteri istituzionali che sembrano andare ognuno per conto suo.
 

CONTRO GLI USA
Come che sia, Ramaphosa dopo aver spiegato di aver telefonato sia a Putin che a Zelensky e dopo avere avuto una «accettazione del piano» da parte di entrambi ha detto che a Mosca e Kiev andrà assieme a cinque colleghi. «Lo scopo centrale delle nostre discussioni è lo sforzo per trovare una soluzione pacifica al devastante conflitto in Ucraina, al suo costo in vite umane e all'impatto sul continente africano», ha detto. «Ho presentato l'iniziativa a nome dei capi di stato africani di Zambia, Senegal, Congo, Uganda, Egitto e Sudafrica». Sappiamo dunque che ci stanno il presidente dello Zambia Hakainde Hichilema, il presidente del Senegal Macky Sall, il presidente dell’Uganda Yoweri Museveni e il presidente dell’Egitto Abdel Fattah el-Sisi. Non sappiamo se il sesto sarà Denis Sassou Nguesso o Félix Tshisekedi perché, come ha rilevato anche la Bbc, Ramaphosa ha dimenticato di spiegare a quale Congo si riferisce: la Repubblica del Congo, Congo ex-francese con capitale Brazzaville; o la Repubblica Democratica del Congo, quel Congo ex-belga con capitale Kinshasa che tra ’71 e ’97 ribattezzandosi Zaire aveva un attimo risolto le possibilità di equivoco, ma in seguito con la cacciata di Mobutu da parte di Kabila è tornato al nome precedente.
Comunque, secondo Ramaphosa «i due leader hanno concordato di ricevere la missione e i capi di stato africani, sia a Mosca che a Kiev», e anche il segretario Onu è stato informato e ha accolto con favore l'iniziativa. Sembra che a non gradire troppo siano invece gli Stati Uniti, ma Zelensky comunque prova a scoprire il gioco, forse suggerito da Pechino.

«SIAMO STATI NOI»
È un «aprirsi a tutte le possibilità» che però va inteso nel senso più ampio. In particolare, il capo dell’intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov ha ammesso che gli uomini del Gur sono stati responsabili di operazioni contro “propagandisti” russi. Lo riporta l’agenzia di stampa ucraina Unian, precisando che alla domanda se Kiev possa colpire giornalisti come Vladimir Solovyov e Margarita Simonyan o l’ideologo Alexander Dugin, Budanov ha risposto: «siamo già arrivati a molti, comprese personalità pubbliche e dei media». Alla domanda più specifica se l’intelligence ucraina fosse coinvolta nell’omicidio di Daria Dugina, nell’attentato contro Zakhar Prilepin e in altri episodi simili, Budanov non ha voluto confermare, ma neanche negare.

 

 

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