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Israele, il rastrellamento dei bambini nei kibbutz? Come la tragedia del ghetto di Roma

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Corrado Ocone
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Era sabato, cioè un giorno festivo per la comunità ebraica, quel sedici ottobre di ottanta anni fa. Ed era l’alba quando, con una operazione pianificata e studiata fin nei minimi particolari, un manipolo di tedeschi delle SS e della “polizia d’ordine” di Hitler fecero irruzione nel ghetto di Roma e deportarono ad Auschwitz più di mille ebrei. Sarebbero stati quasi tutti sterminati (solo in sedici riuscirono a salvarsi e a tornare a casa). Fra di loro c’erano anche tanti bambini: svegliati nel sonno, strappati all’innocenza dei loro anni, caricati su luridi “carri bestiame” e avviati senza pietà a sicura morte.

Anche l’Italia e anche Roma, la culla di un’antica civiltà e la capitale del cattolicesimo, davano quel giorno il loro orribile tributo alla furia antisemita che si era abbattuta sull’Europa per mano dei nazionalsocialisti tedeschi (chissà perché li chiamiamo solo “nazisti”, quasi ad occultare il forte elemento socialista e statalista che era nel loro programma?).

 

 

 

IL RICORDO E L’ILLUSIONE

Va dato atto alla comunità ebraica romana di aver mantenuta sempre viva negli anni la memoria di quella giornata, ammonendo sulla vigile attenzione che tutti avremmo dovuto prestare affinché tali episodi non avessero più a verificarsi. Ciò nonostante il tempo, che è forse il più crudele degli attori che operano su questa terra, ha contribuito non poco a smorzare sempre più il ricordo, a far diventare quasi routine le celebrazioni ufficiali di quella tragica giornata, ad illuderci che quell’orrore sul popolo di Abramo non si sarebbe mai più riversato. Che l’umanità non sarebbe mai più scesa ad un livello che definire bestiale suona offensivo per le stesse bestie.

Oggi però la Storia ci presenta tutto di un colpo il conto, bussando di nuovo alle nostre porte, con la stessa furiosa follia antisemita. Lo fa nel più subdolo dei modi, portandoci cioè fin nel tinello di casa, sugli schermi dei nostri televisori, le immagini di una “caccia all’ebreo” che non ha nulla da invidiare a quella messa in atto dal Terzo Reich. Una furia belluina che cerca l’ebreo casa per casa, lo scova e lo stana, lo rincorre e insegue, proprio come avvenne a Roma quella mattina. Una furia che non esita a colpire senza pietà bambini e civili inermi, persino a sfigurare i corpi dei morti, e a diffonderne le immagini con sadico compiacimento. Ma impressionante è poi anche l’affinità dello scopo finale, che per Hamas e i suoi accoliti non è quello di “risolvere la questione palestinese”, come ipocritamente si vuol far credere anche in Italia, ma proprio lo stesso che fu di Hitler: far scomparire dalla faccia della terra chiunque professi la religione ebraica e quindi lo stesso Stato d’Israele.

Non si spiegherebbe altrimenti la saldatura che si è creata nei fatti fra Stati come l’Iran, vasti settori dell’estremismo islamico e i macellai di Hamas, tutti uniti dallo stesso odio antisemita. Né si spiegherebbe il fatto che l’attacco di Hamas non è stato diretto contro presidi militari israeliani, ma ha coinvolto direttamente e coscientemente i civili, “colpevoli” per le bacate e criminali teste dei terroristi per il solo fatto di essere ebrei. D’altronde, è risaputo che, nei Paesi islamici non si esita a parlare di «complotti demo-pluto-giudaici». E si conosce pure l’ampia circolazione di testi come il Mein Kampf o i cosiddetti e apocrifi “Protocolli dei Savi di Sion”.

 

 

 

NAZISTI E ISLAMICI

Il tutto a conferma della giusta intuizione di chi ha coniato il termine di “nazi-islamismo”. Forse l’unica differenza coi nazionalsocialisti tedeschi è dovuta dal fatto che, vivendo oggi in un villaggio globale delle informazioni e della comunicazione, stragi come quelle di Gaza non solo non possono venire nascoste, ma diventa anche conveniente per gli stessi aguzzini che non lo siano. Il pornografico e l’osceno che esse trasmettono servono, da una parte, a spostare appunto su un terreno prepolitico l’ostilità contro Israele, e, dall’altra, ad assuefarci all’orrore fino ad abituare le nostre coscienze e la nostra mente ad esso. Reiterate sui social, esse finiscono poi per galvanizzare ancor più la platea dei militanti fanatici. Nell’un caso e nell’altro impressiona però come l’arcaismo belluino della mente si allei facilmente con l’efficienza tecnocrtica più avanzata: ieri quella degli scienziati cooperanti alla “soluzione finale”, “volenterosi carnefici” di Hitler; oggi quella che si esprime nell’uso di armi non convenzionali come i droni, i social e forse persino l’intelligenza arificiale. Non c’è che da augurarsi che anche questa volta l’Occidente, che tanto bene non si vuole, ritrovi in sé quelle risorse necessarie per sconfiggere il nuovo Satana. 

 

 

 

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