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Hamas va eliminato o non ci sarà mai pace: il futuro del Medio Oriente

Fabrizio Cicchitto
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Caro direttore, le inviamo questo articolo nella logica di quel “circolo degli apoti” fondato tanti anni fa da Giuseppe Prezzolini che ha l’ambizione di essere composto da coloro che “non la bevono”. Per chiarezza facciamo una premessa: recuperati con una trattativa fra gli Usa e il Qatar il massimo possibile di ostaggi, scelto uno per uno da Hamas per influenzare il più possibile l’opinione pubblica internazionale e per allungare i tempi e inviata la massima quantità possibile di aiuti umanitari alla popolazione palestinese di Gaza, l’operazione militare tutta concentrata su Hamas deve partire per colpire chi si è reso responsabile di una operazione terroristica di stampo antisemitico mille volte peggiore per le sue modalità di quella chirurgica-tecnologica realizzata l’11 settembre 2001. Se non si mette fuori gioco Hamas non ci sarà mai pace in quell’area del Medio Oriente, e non sarà mai possibile realizzare l’ipotesi dei due popoli e due Stati.

FRAINTENDIMENTI
Chiamiamo anche le cose con il loro nome: il Qatar non è la quintessenza della bontà, ma piuttosto della doppiezza. In questi anni il Qatar ha finanziato Hamas come sta finanziando molti altri gruppi terroristici, dopo di che sfrutta questa sua posizione per presentarsi come grande mediatore. Ciò premesso mettiamo a fuoco alcuno aspetto di tutta la vicenda geopolitica in corso apertasi da quando la Russia di Putin con l’aggressione alla Ucraina ha iniziato un attacco frontale all’Occidente. Alle origini di tutto c’è stato un fraintendimento ad opera dell’intero Occidente: ha ritenuto che essendo saltato per implosione interna il comunismo di marca sovietica in Russia il potere era stato assunto da un ragionevole capo del Kgb che avrebbe guidato il suo Paese d’amore e d’accordo da un lato con gli Usa e dall’altro lato con la Germania e altri Paesi europei all’insegna del business. In quel quadro gli oligarchi mandati in giro per l’Europa a comprare di tutto, squadre di calcio, ville, partiti e leader dei partiti, banche, giornali erano la vivente dimostrazione del pacifismo affaristico di Putin.

 

 

Se i leader dell’Occidente, invece, avessero letto “le carte” - perché Putin è un dittatore ideologico che tende a teorizzare quasi tutto quello che fa avrebbero capito che egli non è un comunista ma un autocrate nazionalista che vuole ricostruire con tutti i mezzi, comprese le armi, la Grande Russia. Non a caso, non avendo mezzi economici come la Cina, egli ha costruito un esercito privato, la Wagner, grazie al quale è ritornato ad essere una grande potenza nel Medio Oriente intervenendo in Siria. Per parte loro, non avendo letto anch’essi le carte, Germania e Italia hanno consegnato alla Russia il potenziale controllo del loro fabbisogno energetico. Se non fosse stata per la spontanea e disperata resistenza politica e militare del popolo ucraino guidato da Zelensky, i “sonnambuli” occidentali si sarebbero trovati con una Armata Rossa che, dopo aver conquistato anche l’Ucraina, avrebbe minacciato la Polonia, la Svezia, la Finlandia e i Paesi Baltici.

Quello che sta avvenendo adesso fra Israele e i Palestinesi va letto tenendo presente questi presupposti. Finora l’ipotesi dei due popoli e due Stati ha avuto l’opposizione di una parte influente di Israele, ma non è scattata per l’assoluto stallo politico che caratterizza da anni la direzione politica dei palestinesi. A suo tempo, Craxi realizzò un rapporto preferenziale con l’Olp di Arafat, spingendoli verso la rinuncia alla lotta armata e al terrorismo. Questa operazione non è mai stata accettata da diverse organizzazioni palestinesi a loro volta collegate ad importanti nazioni arabe (dalla Siria all’Iran) e sulla morte di Arafat c’è il forte dubbio che egli sia stato avvelenato. E da allora in poi all’interno del popolo palestinese si è aperto uno scontro durissimo. La tradizionale Autorità palestinese si è sempre più burocratizzata, mentre si è sempre più affermato Hamas collegato alla fratellanza musulmana largamente finanziato sia dal Qatar che dall’Iran. Hamas però si muove lungo una strategia politica che non è quella di formare uno Stato Palestinese autonomo che convive con Israele, ma il suo obiettivo politico codificato anche dallo Statuto, è quello di distruggere Israele. Tutto ciò ha avuto un salto di qualità quando Israele ha abbandonato Gaza: prima Hamas ha vinto le elezioni, poi armi alla mano ha liquidato anche fisicamente i rappresentanti dell’Autorità Nazionale Palestinese quindi si è impadronito di un territorio in cui i due milioni di abitanti svolgono il ruolo di scudo umano al partito armato che pratica il terrorismo.

 

 

Le cose però non si sono fermate qui. Da un certo momento in poi Netanyahu ha sottovalutato Hamas pensando di poter realizzare con esso un accordo di potere, ha lasciato passare i finanziamenti provenienti dal Qatar, e ha pensato che la sua crescita e l’impasse in cui si è venuta a trovare l’Autorità Palestinese chiudesse la vicenda dei due Stati e due Popoli. Hamas ha lasciato credere a Netanyahu tutto ciò ma invece la sua natura terrorista non è mai venuta meno e da due anni preparava il colpo del 7 ottobre. A favorire quel colpo c’è stato anche un altro dato.

Per consolidare la ristretta maggioranza del suo governo, Netanyahu ha dato un grande spazio ai due partitini dei coloni per cui in Cisgiordania si è aperto uno scontro per i nuovi insediamenti e di conseguenza una larga parte dell’esercito è stato spostato su quell’area sguarnendo l’area dei kibbutz vicini alla Striscia di Gaza nella convinzione che tanto Hamas non avrebbe alzato il tiro e che sarebbero stati sufficienti i controlli effettuati tramite gli impianti tecnologici apprestati da tempo da Israele. Il risultato è stato il più selvaggio attacco terroristico mai realizzato nel passato, con i kibbutz pacifisti e socialisti, amici dei palestinesi e quindi disarmati rasi al suolo, con le donne stuprate e poi sventrate, con i bambini sgozzati talora decapitati; in più con un numero inusitato di rapiti che insieme a due milioni di palestinesi costituiscono la copertura umana di questo partito di terroristi. Tutto ciò, però, non è stato fatto alla cieca. Ma in nome di un obiettivo nel quale non c’entra il popolo palestinese ma quello di distruggere Israele.

A CHI GIOVA?
Tutto ciò è funzionale agli interessi politici sia dell’Iran che della Russia. L’Iran in questo modo vuole prendere la guida del mondo arabo in una strategia di scontro frontale con gli Usa costringendo al silenzio i Paesi arabi moderati, quali l’Egitto, la Giordania, l’Arabia Saudita. A sua volta la Russia, rifornita di droni dall’Iran, e a sua volta fornitrice di mezzi cibernetico per l’attacco del 7 ottobre, utilizza tutto ciò in funzione dell’apertura di un altro fronte assai scomodo per gli Usa, che quindi può comportare l’attenuazione del sostegno alla Ucraina.
Tutto ciò ha molteplici traduzioni politiche negli Usa e in Europa. In Usa, la Russia e l’Iran, meno la Cina, sperano in una vittoria di Trump. In Europa, i falsi pacifisti alla Conte e M5S, da sempre fiancheggiatori della Cina e della Russia, sono contrari al sostegno militare alla Ucraina. Non parliamo poi delle manifestazioni indette dai settori estremi della sinistra a favore della Palestina che hanno un’occasione per inneggiare ad Hamas e per riproporre nuove versioni dell’anti-semitismo. C’è una brutta atmosfera, una caccia all’ebreo di cui è testimonianza il documento della comunità ebraica milanese. Caro direttore, parte delle cose contenute in questa lettera sono sgradevoli, ma se si vuol dar vita ad un moderno circolo degli apoti non si può non fare i conti con alcune cose che vanno dette in modo esplicito senza inutili coperture diplomatiche

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