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Gaza, "l'inviato" Saleh? Orrore di Hamas, chi è veramente questo ragazzo

Matteo Legnani
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Il mondo al di fuori della Striscia di Gaza lo ha conosciuto qualche giorno fa come il protagonista di due video apparsi a distanza di qualche giorno. Nel primo, Saleh Aljafarawi canticchiava "allah u akbar, Allah u akbar” osservando con sguardo sognante le scie lasciate in cielo dai missili di Hamas diretti verso Israele la mattina del 7 ottobre scorso; nel secondo, risalente ad appena 48 ore più tardi, lo stesso Saleh appariva in lacrime in quella che sembrava la sala di attesa di un ospedale, piagnucolando spaventato come una ragazzina dal contrattacco aereo messo in atto dalle forze di difesa di Gerusalemme.


Le decine e decine di commenti sarcastici e ironici lasciati sotto il post pubblicato sui social dall'aggregatore di notizie Visegrad24, che aveva provocatoriamente accostato i due video, valevano tanto quanto i due filmati nel dipingere Saleh come il classico palestinese imbevuto di propaganda che loda Allah perché a pochi chilometri di distanza centinaia di civili inermi vengono uccisi, sgozzati, decapitati o rapiti, nella migliore delle ipotesi. E che poi si dispera quando quelle stesse cose accadono alle persone accanto a lui.

 

 

VIDEO E MOSCHETTO

La storia, però, non finisce con un chiagn’e fotte arabo. Perché Saleh sarà sicuramente un fanatico imbevuto di propaganda, ma è anche uno che, sui poveracci che vivono a Gaza e sui terroristi che da decenni li usano come scudi per le loro azioni terroristiche, si è costruito un seguito considerevole sui social. Come? Recitando. Saleh Aljafarawi, nato e cresciuto a Gaza, altri non è che un attore al servizio di Hamas e della sua propaganda pro-palestinese e anti-israeliana. Uno di quelli che i media israeliani definiscono esponenti di Pallywood, la Hollywood palestinese.

Il suo canale Youtube vanta 9.600 iscritti e spazia da video melensi sulla presunta fratellanza araba in cui finge, ad esempio, di aiutare un amico a montare una cucina, ad altri in cui sventola orgogliosamente la bandiera palestinese, ad altri ancora in cui pubblicizza dolciumi e giocattoli per bambini. Poi ci sono i video musicali (perché nelle note personali Saleh si definisce anche cantante) in cui performa da solo o con amici. O in cui canta in perfetta uniforme da terrorista di Hamas brandendo un fucile AK-47. Il tratto comune a tutte le sue performance è un sorrisetto unto e falso, lo stesso esibito in quella tragica mattina del 7 ottobre in cui lodava allah mentre centinaia di israeliani venivano barbaramente trucidati dai suoi amici di Hamas. È tuttavia su Instagram che il nostro ha fatto davvero fortuna, coi suoi video e le sue foto di propaganda: tanto da arrivare ad avere la bellezza di un milione e mezzo di followers prima che, alcune settimane fa, il gestore del social media Meta gli sospendesse il profilo, perché incitava palesemente all'odio nei confronti di Israele.

 


MESSINSCENA

Il «buon» Saleh, però, non se ne è rimasto con le mani in mano. Poche ore dopo è ricomparso su Instagram con un nuovo profilo (in cui ha semplicemente sostituito il punto a un underscore tra il suo nome e cognome), che guarda caso apre la sua carrellata di immagini proprio il 7 ottobre, con l'ormai celebre video con le scie dei missili di Hamas e il canto di ringraziamento ad Allah. Un caso? Difficile crederlo. Nelle ultime tre settimane dall’attacco, il nuovo profilo Instagram si è arricchito di 120 tra foto e filmati di esplosioni, bombe, macerie, bambini e adulti più o meno feriti e ha raggranellato 35.300 followers. La parte più succosa arriva, però, scorrendo la lista dei seguiti (dove compaiono anche Messi, Ronaldo e Mbappè), che per tre quarti è costituita da donne, sia arabe sia occidentali, a conferma (se mai ce ne fosse bisogno) che i musulmani in pubblico ostentano sobrietà verso l’altro sesso ma in privato ci sbavano dietro più dei tantissimi “infedeli” che, a detta loro, vivono nel peccato'.

 

Ma è su TikTok che il nostro ha dato tragicomicamente il meglio: in un video postato il 25 ottobre lo si vede su un letto d’ospedale, in condizioni critiche e collegato a un’infinità di tubicini mentre due amici pregano e gli fanno coraggio. Il 26 ottobre è in strada, a testimoniare scandalizzato gli effetti dei bombardamenti israeliani, piagnucolando (ancora) sopra la scritta in inglese «questa non è guerra ma omicidio». Miracoli della sanità palestinese... 
 

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