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Kamikaze ecologisti e pro-Hamas: quell'inquietante filo rosso in Italia

Lorenzo Mottola
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È quando un conflitto ormai è perso che compaiono i kamikaze. È questo lo stadio cui è arrivato il movimento giovanile in Europa: il momento dell’autolesionismo molesto, dell’odio a casaccio verso l’Occidente. Ed è questo il filo che lega le proteste ultra - ambientaliste di Londra a quelle pro-Hamas in Italia. 

A Napoli è stato organizzato un blitz per dare un seguito alle manifestazioni antisioniste delle scorse settimane: un gruppetto di militanti legati ai centri sociali della città ha occupato l’Università Orientale, facendosi prendere di mira sia dal rettore che dai passanti.

Un’azione rivendicata con un comunicato a dir poco preoccupante - circa una notizia falsa per riga che culmina in un appello a sottoscrivere la petizione “Don’t stay silent” lanciata dall’università palestinese Birzeit di Ramallah, Cisgiordania. Ora, c’è da scommettere, se non da sperare, che nessuno dei giovani che si sbracciavano dal balcone di Napoli abbia provato a informarsi sulla scuola palestinese.

 

 

I responsabili dell’ateneo, oltre a essersi guardati bene dall’esprimere solidarietà verso le famiglie degli israeliani trucidati un mese fa, sono arrivati a organizzare tornei di basket in onore di Marwan Barghouti, leader della prima e della seconda Intifada, uno dei più famosi terroristi della Cisgiordania considerato responsabile di una serie sterminata di attacchi a civili in Israele. Parliamo di un uomo che ha fatto ammazzare perfino un monaco greco-ortodosso. Nonostante queste imprese, la sua faccia compare sulle magliette delle vincitrici del torneo femminile di pallacanestro, tutte rigorosamente velate secondo gli apertissimi costumi locali, che siamo sicuri anche al centro sociale “Je so pazzo” di Napoli saranno graditissimi.

Il clima è questo a Gaza e in Cisgiordania. Sempre alla Barzeit studiava legge Ahed Tamimi, ragazza diventata famosa per aver preso a sberle un soldato israeliano. E anche Ahed è stata arrestata la notte scorsa, per aver scritto sui social, usando un falso profilo, messaggi agghiaccianti contro gli israeliani: «Berremo il sangue dei coloni». Minaccia che potrebbe suonare ridicola, se non venisse dallo stesso movimento che ha prodotto gli orrori del 7 ottobre, tra donne incinte sventrate e bambini uccisi nelle loro camerette.

 

 

Mentre a Napoli si inseguono queste follie, a Londra l’escalation ultra-ambientalista ha rotto ogni argine. Una coppia di attivisti verdi ha preso d’assalto la “Venere Rokeby” di Diego Velázquez, opera del 1651 esposta alla National Gallery.

E per esser certi di essere molesti fino in fondo, questa volta i militanti non hanno semplicemente spruzzato vernice spray sul vetro che copre il quadro, secondo il copione degli ultimi blitz ambientalisti, ma hanno preso a martellate il cristallo (l’entità dei danni verrà definita in seguito). Lui, di carnagione ultra-nordica, tanto per identificarsi subito come un genio, ha scelto di indossare un cappellino degli NWA, acronimo di “Niggaz Wit Attitudes” (tradotto: neri con delle qualità... per evitare di indispettire l’ordine dei giornalisti abbiamo fatto saltare una “g” dalla parola neri. Sono i ragazzi di colore dei ghetti di Los Angeles, che si divertono a definirsi così). Si tratta di un gruppo di musicisti, fondatore del movimento dei gangsta rap. Uno dei loro brani più noti si chiama «Vaff... alla polizia». A quanto pare, i rivoluzionari verdi apprezzano. Alle martellate è ovviamente seguito un micro comizio, che si può sintetizzare in «basta petrolio» urlato a squarciagola. Ma al di là del contenuto della protesta, è lo strumento scelto per questa campagna che francamente lascia interdetti. Dai quadri rovinati alle autostrade bloccate. È un po’ come se qualcuno cercasse di convincervi delle sue ragioni picchiando vostra madre. È il momento dei kamikaze.

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