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Ue, governo italiano pronto a non firmare le regole fiscali

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Le elezioni europee di giugno, ma anche quelle nazionali in diversi Paesi dell'Ue rischiano di far saltare il tavolo attorno al quale sederanno oggi i ministri finanziari europei nel tentativo di trovare un accordo, dopo settimane di discussioni, sulle nuove regole fiscali dell'Unione dopo la lunga moratoria iniziata con la pandemia. Negli ultimi anni molti Paesi hanno infatti speso denaro pubblico per attutire l'impatto della pandemia, della guerra in Ucraina e della crisi energetica. Ora è giunto il momento di rimettere in ordine le finanze pubbliche. Ciò significa ridurre i disavanzi pubblici al di sotto del 3% del pil e il debito pubblico al di sotto del 60%, in conformità con i trattati dell'Unione europea. Difficilmente però si troverà una sintesi. Spiega Alessandro Barbera su La Stampa che sia Roma che Parigi partono da posizioni troppo distanti rispetto alla proposta della ministra spagnola Nadia Calvino, che ha fin qui cercato di superare i veti del blocco nordico alla proposta della Commissione europea.

 

 

"Se le cose non cambiano, la nostra firma non può esserci", ha ammesso una fonte del Tesoro. La riforma per l'Italia infatti comporterebbe un piano di aggiustamento fiscale meno stringente rispetto a quanto previsto dai criteri attuali. Il problema è che per l’opposizione dei Paesi tradizionalmente più attenti al controllo dei conti, come la Germania, spingono per l’imposizione di regole quantitative ulteriori e più penalizzanti sulla riduzione del debito. Per i tedeschi e i suoi alleati si dovrebbe tornare al vecchio patto di Maastricht che imporrebbe di tendere al tre per cento di deficit rispetto al Pil e al 60 di debito. Per l'Italia si tratterebbe di uno scenario da incubo, così come per la Francia: dopo la pandemia il debito francese è alla soglia del 110 per cento in percentuale al Pil, più vicina al 140 italiano del 65 tedesco, anche se le autorità contabili di Berlino hanno scoperto che i numeri sono un po' truccati.

 

 

Per i tedeschi un punto di debito in meno all'anno è invece uno dei passaggi irrinunciabili della riforma. Ma tenendo conto di quell'eredità, per l'Italia - spiega la Stampa - significherebbe garantire un aggiustamento di bilancio annuo più o meno pari al doppio di quello che oggi è valutato sostenibile. Per il ministro dell'Economia Giorgetti l'equilibrio trovato fin qui, con una Finanziaria per due terzi in deficit e un terzo finanziata con tagli e tasse, è delicatissimo. Se la legge di Bilancio in Parlamento venisse cambiata, l'Italia a quel tavolo non avrebbe più alcuna legittimazione: per questo il ministro è intenzionato a tenere il punto coi partiti. Poco importa se si tratta di ammorbidire la stretta alle pensioni o l'aumento della cedolare secca sugli affitti brevi. Di qui in poi si imporrà semmai più austerità.

 

 

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