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Indi Gregory? Ecco perché è stato un infanticidio: mettiamoci nei panni dei genitori

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Indi Gregory

Roberto Formigoni
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È stato un omicidio, anzi, peggio ancora, un infanticidio. Qualcuno può definire diversamente il caso di Indi Gregory, la bambina inglese di otto anni a cui sono stati staccati i sostegni vitali? Un infanticidio commesso su ordine dei giudici inglesi che non hanno avuto ritegno di precipitare in un macabro ridicolo motivandolo «nel superiore interesse del minore».

Chi non può guarire non è più neppure curabile, hanno stabilito senza alcun fondamento scientifico, e fingendo di ignorare che una vita troncata con violenza dall’esterno è di molto peggiore di una vita accompagnata con tutte le cure e l’affetto possibile alla pur probabile fine. E questo hanno compiuto calpestando ogni diritto dei genitori, strappando ad essi la potestà su quel corpicino sofferente per agire di loro arbitrio.

 

 

Questo è accaduto nel Regno Unito, che si considera la patria dello Stato di diritto, questo accade quando si rinuncia alla pietas e ai fondamentali del diritto naturale. E si consegna il diritto alla vita nelle mani dei giudici!

Mettiamoci per un attimo, se mai ci riusciamo, nelle vesti di quella madre e di quel padre: nasce una figlia, con sgomento si accorgono che è gravemente malata, con speranza la portano in un ospedale pubblico perché sia guarita, o almeno curata con tutti i mezzi possibili, e da quel momento si accorgono che quella non è più la loro bambina, che non hanno più alcun diritto, non possono fare più nulla in suo favore, non possono trasferirla in un altro ospedale, non possono nemmeno riportarla a casa per poterla stringere tra le loro braccia, per poterla eventualmente accompagnare alla fine circondata dal loro immenso affetto.

 

 

Non solo: un ospedale italiano superspecializzato nella cura dei minori, il Bambin Gesù, si offre di curarla gratuitamente, il governo italiano, per facilitare le pratiche burocratiche, dona alla bambina la cittadinanza italiana. Niente da fare, i parrucconi giudici inglesi si oppongono a tutto, la legge stabilisce che quella bambina non è più dei suoi genitori ma è loro, e loro ordinano che i macchinari che tenevano in vita Indi siano staccati, e Indi muore. E così giustizia è fatta: la giustizia della legge, ovviamente, la giustizia dell’arbitrio, che nulla ha a che fare col rispetto del diritto. Ecco dove ci ha portato certa deriva della mentalità dominante: mentre ci si batte per introdurre nei codici la difesa della libertà di suicidarsi e di aiutare qualcuno a suicidarsi, si nega la libertà di vivere, si cancellano i diritti naturali dei genitori sui figli e si procede su questi come se fossero cose. Credo che la coscienza comune, almeno quella delle persone di buona volontà, non possa che ribellarsi. Sì, contro questa giustizia è l’ora di ribellarsi. 

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