La dichiarazione dei diritti dell'uomo compie 75 anni... E li dimostra tutti
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani compie oggi 75 anni. E, proprio come succede agli uomini di quell’età, si presenta invecchiata e stanca, omaggiata in modo formale ma sostanzialmente tenuta fuori dalle decisioni politiche che condizionano le vite delle persone. Le libertà fondamentali che quella dichiarazione promulgava sono infatti costantemente violate in buona parte del globo. Ed anche nei Paesi che, per storia e tradizione dovrebbero esserne naturali custodi, esse non sembrano godere più di buona salute. Ricordiamole quelle libertà, giusto per fare mente locale su ciò di cui stiamo parlando: libertà di opinione, associazione, stampa, religione, circolazione, proprietà. Il tutto nella consapevolezza dell’uguale dignità di ogni uomo, al di là del tempo storico e del luogo in cui vive, nonché della razza, del genere e della nazionalità di appartenenza.
Diciamocelo chiaro: quella Dichiarazione, indipendentemente dai modi in cui si arrivò alla sua promulgazione, fu la vittoria dell’Occidente, della natura universalistica dei suoi valori. Tanto che pure chi contestò questa pretesa, penso a Benedetto Croce che la criticò, lo fece in nome di un diverso concetto di universalità, meno astratto e più attento ai contesti storici, e non di esaltazione di particolarismi o di presunte “superiorità”. La vittoria dell’Occidente fu ancor più palese se si considera che nessuno dei 58 Paesi che componevano allora l’Assemblea delle Nazioni Unite votò contro. Si astennero però, oltre al Sud Africa dell’apartheid, l’Arabia Saudita e l’Unone Sovietica con tutti i suoi satelliti. In effetti, saranno proprio la cultura islamica e quella di matrice comunista che, con la loro azione lenta ma inesorabile, svuoteranno nei decenni a venire quei principi, fino ad arrivare alla non certo rosea dichiarazione odierna. Basti pensare che nel 1981 e nel 1990 sono state approvate due Dichiarazioni islamiche dei diritti umani in cui si legge che “ogni persona ha il ditto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia, fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito”. Ove la seconda parte del periodo circoscrive, anzi annulla, la prima.
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Che bisogna c’era di affermare in una frase dei valori per poi contraddirli? In verità, su questa contraddizione o ambiguità i Paesi islamici hanno sempre giocato, tanto da arrivare a presiedere persino le commissioni internazionali sui “diritti umani”. Con il paradosso che oggi Israele è il Paese che ha avuto più condanne dalle risoluzioni dell’ONU in materia, mentre Stati in cui i diritti umani (a cominciare da quelli delle donne) non sono riconosciuti godono di una sostanziale impunità. Diverso il discorso relativo all’erosione dei diritti umani da parte degli eredi del comunismo, sia perché essi hanno nel tempo cambiato pelle e direzione alla loro azione sia perché hanno conquistato un’ampia fetta anche dell’opinione pubblica occidentale, condizionando gli stessi governi. Abbandonato il marxismo classico, i postcomunisti hanno fatta propria una cultura che concepisce i diritti umani come una forma d “imperialismo culturale” dell’Occidente verso popoli con culture diverse.
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Da qui la tendenza alla colpevolizzazione dell’Occidente, che di fatto si traduce in un arrendevolezza di fronte alla difesa di certi principi. E da qui soprattutto continui i cortocircuiti mentali e morali che portano, giusto per fare un esempio, a difendere i diritti delle “minoranze” in questa parte di mondo ove sono sostanzialmente tutelati e a tacere verso la loro continua violazione fuori di essa. L’impressione è che, proprio queste due culture, saldandosi, possano presto farci perdere la libertà che ci rimane. Che fare allora? Credo che forse più che di dichiarazioni solenni abbiamo bisogno di maggiore fede in certi valori. Se a crederci e a relativizzarli siamo per prima noi stessi, come possiamo pretendere che essi diventino “universali” non solo in teoria ma in pratica? Forse siamo abituati a darli troppo per scontati, o comunque a non riflettere fino in fondo sulla loro importanza. Tanto da barattare con nonchalance le nostre libertà, come abbiamo visto nel periodo del Covid, con una sicurezza assoluta che nessuno in verità, tanto meno i governi, potevano garantirci.
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