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Migranti, la Corte Europea condanna l'Italia per Pd e Gentiloni

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Italia condannata dalla Corte europea per i Diritti umani sul tema migranti. Secondo i giudici di Strasburgo il nostro Paese è colpevole di avere detenuto illegalmente nell’hotspot di Taranto minori stranieri non accompagnati, macchiandosi di "trattamenti inumani e degradanti" in materia di accoglienza. Nello specifico, la colpa è quella di non avere nominato un tutore né avere fornito ai minori alcun tipo di informazione sulla possibilità di fare ricorso in tribunale.

La condanna, però, non si riferisce a quanto accaduto negli ultimi mesi con il governo di Giorgia Meloni, entrato in conflitto tanto per citare un caso con la giudice di Catania Iolanda Apostolico. No, il "reato" risale al 2017, quando al governo c'erano il Pd e il premier Paolo Gentiloni, oggi commissario Ue all'economia.

 

 

 

Da sinistra, però, la battaglia politica contro l'esecutivo è già pronta. Si fa riferimento infatti alle attuali condizioni di 185 bambini presenti oggi nello stesso hotspot di Taranto e soprattutto i 400 minori non accompagnati. La richiesta dell'Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) chiede a questo riguardo "l’immediato collocamento in strutture adeguate di questi bambini e ragazzi. E la supervisione dell’attuazione delle precedenti sentenze che, come dimostra la situazione nell’hotspot di Taranto, non hanno fatto modificare le prassi illegittime". Oltre a dover risarcire i ricorrenti, l'attuale governo potrebbe dunque dover rispondere delle responsabilità politiche dei suoi predecessori di centrosinistra. Un bel cortocircuito. 

 

 

 

La tesi dell'accusa ha puntato tutto sul fatto che gli hotspot sono stati trasformati da centri di accoglienza iniziale a veri e propri campi per migranti, "violando così l’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo", come spiega l'avvocato Dario Belluccio. Si potrebbe notare come sull'Italia gravi di fatto la responsabilità di una crisi in cui è stata lasciata sostanzialmente sola dalle autorità di Bruxelles e dagli altri Paesi membri dell'Ue nella gestione della bomba-immigrazione (che proprio nel 2017 registrava i numeri di sbarchi più alto di sempre, prima della recrudescenza di questi ultimi mesi). A questo, però, la Corte non fa cenno.

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