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Schäuble, addio al super-falco tedesco: l'anima nera di Angela Merkel

Marco Patricelli
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Bastava guardarlo in viso per capire che il concetto di finanza creativa al solo pensiero era tale da far corrucciare quei lineamenti che sembravano tirati con una riga e una squadra a novanta gradi. Dietro agli occhiali da ragioniere Wolfgang Schäuble era l’incarnazione delle spietate regole dei numeri e delle soluzioni delle formule matematiche: non importa quali variabili si incontrino, i conti devono tornare, costi quel che costi. Per questo il suo nome faceva rima con rigore e austerità, che applicava non flettendo dalla natura tedesca, dal credo luterano e dall’etica professionale.

Cristiano-democratico da sempre, era un calcolatore abile a ponderare e a decidere, con gli strumenti di una ferrea preparazione in economia e in diritto. Per alcuni era un cinico, per altri una sorta di Mister Wolf che i problemi li risolve e non ci sta troppo a girare attorno. Non a caso dalle sue mani e dal suo cervello sono fluiti alcuni tra i più significativi passaggi epocali della Germania del secondo dopoguerra, come la riunificazione di cui è stato architetto e la guida di una Europa ancorata alla moneta unica; e non a caso è stato il recordman di presenze al Bundestag, dove è entrato a 30 anni nel 1972, contrassegnando una lunga stagione politica.

 

 

 

ANGELA LO SUPERA

Uomo di fiducia di Helmut Kohl che se l’era preso sotto l’ala protettrice avendo colto le qualità di quell’abile avvocato di Friburgo, quando lui ne aveva intravisto il declino nel 1998 gli aveva consigliato di fare un passo indietro, il che equivaleva a un suo passo in avanti quale erede designato per una successione nel segno della continuità al vertice della segreteria generale della CDU, ma questi si era rifiutato e allora i rapporti tra i due si erano raffreddati. Era giunto dunque il momento di Angela Merkel, la cancelliera venuta dall’Est, la donna di ferro di ispirazione tatcheriana, che avrebbe marchiato a fuoco un’epoca della storia tedesca. Schäuble era entrato da tempo nei panni del protagonista e non li aveva smessi neppure dopo l’attentato del 1990 quando uno squilibrato gli aveva sparato tre colpi di pistola alla spina dorsale e al volto costringendolo a passare il resto della vita su una sedia a rotelle. Non per questo aveva allentato l’attività, fedele al suo credo e alle strategie di politica interna ed europea che ne facevano una stratega lucido e freddo come un giocatore di scacchi che sa sacrificare anche i pezzi pur di vincere la partita. Ne sa qualcosa la Grecia, dove era stato elaborato e mandato avanti per inerzia un allegro sistema economico-finanziario che rischiava di infettare l’intero tessuto comunitario.

A quella febbre la Germania aveva risposto con una cura da cavallo che per Schäuble doveva arrivare anche all’estromissione dall’euro. La Troika che mise alla stanga il governo ellenico e un intero Paese era per due terzi formata da tedeschi: Matthias Mors (UE) e Klaus Mazuch (BCE), oltre al danese Paul Tomsen (Fondo monetario internazionale). Da ministro federale delle finanze Schäuble da un lato metteva in guardia dalle speculazioni sul crac greco, dall’altro escludeva recisamente un terzo taglio del debito dopo due bail-out, battendo per il risanamento anche lacrime e sangue: austerità economica, tagli alla spesa e crescita delle tasse, licenziamenti, privatizzazioni, in un clima incandescente di proteste e moti di piazza nella patria della democrazia e della cultura occidentale.

Era stato lui ad avvertire il primo ministro Giorgos Papandreou che il 23 ottobre 2011 i leader europei non avrebbero concordato una soluzione definitiva e così questi annunciò il 31 ottobre un referendum sulla ratifica degli accordi con l’Europa; gli risposero all’unisono la cancelliera Merkel e il presidente Nicolas Sarkozy, a riprova dell’asse franco-tedesco che pendeva sempre più dalle parti di Berlino, che se l’esito fosse stato negativo il programma di aiuti sarebbe stato immediatamente interrotto, e così il 6 novembre Papandreou si dimetteva dopo aver annullato tre giorni prima la tornata referendaria.

 

 

 

TROPPE OMBRE

L’ombra della consultazione popolare si staglierà nuovamente nell’estate del 2015, col premier Alexis Tsipras, quando i ministri delle finanze UE si preparavano all’uscita di Atene dalla zona euro. Tra i falchi ci sarà Schäuble, implacabile nel rigore e nel rispetto dei patti. Il “no” emerso dal referendum renderà la situazione drammatica. La Grecia dovrà conquistarsi a caro prezzo la permanenza nell’area euro e il biglietto di ritorno. Si racconta che quando il pacchetto delle misure era pressoché confezionato, era stata Merkel a passare la parola a Schäuble per l’ultimo ritocco e già questo aveva avuto un effetto scioccante per i negoziatori greci. La finanza creativa all’origine dello scandalo finanziario ellenico e le variazioni sul tema nel gran ballo europeo erano state tenute sempre fuori dalla porta e dal libro mastro dall’irriducibile Schäuble, che però nel 2000 a sua volta era finito in un cono d’ombra per un finanziamento alla CDU non registrato. Aveva ammesso pubblicamente e si era dimesso da presidente del partito. Ma da ministro le carte le ha date sempre lui. 

 

 

 

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