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Israele, il cronista arabo ride del soldato Idf ucciso e linciato

Maurizio Stefanini
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Ben 1.139 tra israeliani e stranieri, inclusi 764 civili, furono uccisi nell’attacco di Hamas del 7 ottobre. Tra loro anche quattro giornalisti: il fotografo Yaniv Zohar, che fu ucciso con sua moglie e due figlie nel massacro di Nahal Oz; il fotografo Roy Edan, ucciso nel massacro di Kfar Aza; i due giornalisti Shai Regev e Ayelet Arnin, uccisi nel massacro del festival musicale di Re’im. Israele ha risposto e da allora continua a rispondere, e nella guerra in corso sono morti circa 23.000 palestinesi, tra cui al 7 gennaio almeno 72 giornalisti, secondo un conteggio della Reuters. E anche tre libanesi. Ma le cifre non sono del tutto chiare: un’altra stima, ad esempio, sale a 80 vittime, e un’altra ancora a 109.

Gli ultimi tre reporter sono stati uccisi il 7 gennaio durante un raid attribuito all’esercito israeliano. Sono Moustafa Thuraya, Ali Salem Abu Ajwa e Hamza Dahdouh, figlio di Wael, il capo dell’ufficio di Gaza di Al Jazeera che nei primi giorni di guerra aveva già perso la moglie e due figli. Moustafa e Hamza, fotoreporter di ventisette anni, erano a bordo di un’auto presa di mira dall’aviazione di Tel Aviv. La terza vittima, Ali Salem Abu Ajwa, lavorava come cronista a Gaza e, secondo il Times of Israel, era nipote dello sceicco Ahmed Yassin, che fondò Hamas nel 1987. Sulle cifre, clamorosa è stata la divergenza tra Reporter senza Frontiere, che nel corso del 2023 ha contato 45 giornalisti uccisi in tutto il mondo, e la International Federation of Journalists, che invece ne ha denunciati 97. Una differenza dovuta appunto al fatto che mentre Rsf a Gaza contò 13 giornalisti caduti la Ifj ha riferito di ben 68. Mala stessa Rsf spiegò che i 13 avrebbero potuto salire a 56 «se includiamo tutti i giornalisti uccisi nella Striscia di Gaza, indipendentemente dal loro lavoro». Per la stessa Rsf, però, la maggior parte di queste vittime non sarebbero state uccise in quanto giornalisti, ma sarebbero stati colpiti in quanto residenti a Gaza. Che è poi quanto è evidentemente successo ai quattro israeliani caduti il 7 gennaio: uccisi da Hamas non in quanto giornalisti ma in quanto israeliani.

Israele ha spiegato che il 13 ottobre stava rispondendo a un attacco di Hezbollah, e che ha comunque disposto una indagine sul caso Issam Abdallah. Non è stata Israele ma la ong di New York considerata filo-israeliana Honest Reporting a suggerire che diversi fotografi palestinesi freelance che avevano documentato l’attacco del 7 ottobre in tempo reale dovevano esserne a conoscenza in anticipo. Uno dei fotografi freelance, che in precedenza aveva pubblicato una foto in cui veniva baciato sulla guancia dal leader di Hamas Yahya Sinwar, è stato però successivamente licenziato dalla Cnn e dall'Ap. Adesso HonestReporting ha pubblicato immagini dei fotoreporter freelance palestinesi residenti a Gaza Ashraf Amra e Mohammed Fayq Abu Mostafa, che lavoravano per Ap e Reuters, a ridere della scena, da loro girata del linciaggio di un soldato israeliano il cui corpo viene buttato giù da un carro armato il 7 ottobre.

L'Alto Commissario Onu per i diritti umani si dice comunque “molto preoccupato” per il numero elevato di giornalisti palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza, e chiede «un'indagine approfondita e indipendente per garantire il rigoroso rispetto del diritto internazionale e le violazioni devono essere perseguite». Sulla stessa linea anche il segretario di Stato americano, Antony Blinken: «Quella dei giornalisti uccisi è una tragedia inimmaginabile». Il dossier potrebbe finire nell’udienza con cui la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite giovedì avvia il caso in cui il Sudafrica accusa Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Attualmente cinque Paesi e sigle, tra cui l’Organizzazione perla cooperazione islamica, insieme a Giordania, Turchia e Malaysia, hanno espresso il loro sostegno al caso, mentre solo Israele e gli Stati Uniti si sono opposti. 

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