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Stellantis, la sai l'ultima? Secondo Repubblica per Macron "è troppo italiana"

John Elkann

Sandro Iacometti
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Altro che fuga dall’Italia. All’Eliseo sarebbero addirittura infastiditi dalle continue dichiarazioni d’amore lanciate dal ceo di Stellantis Carlos Tavares nei confronti del nostro Paese. È questa la sorprendente notizia scovata dalla corrispondente a Parigi di Repubblica per mettere a tacere una volta per tutte le polemiche tra il governo e il gruppo guidato dagli Angelli-Elkann (che controlla anche il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari). I fatti? Il ministro dell’Economia d’Oltralpe Bruno Le Maire, malgrado abbia un suo rappresentate nel board della casa automobilistica, avrebbe chiesto a Stellantis una prova di patritottismo rimpatriando in Francia la produzione dei piccoli veicoli elettrici oggi realizzata in Spagna ed Emmanuel Macron si sarebbe persino scagliato contro il mega stipendio di Tavares da 23 milioni definendolo «scioccante ed eccessivo». Prove schiaccianti, che non lasciano davvero spazio a repliche. Soprattutto se si tiene conto, come spiega con dovizia di dettagli il quotidiano del gruppo Gedi, della «vecchia ossessione» anti-francese del governo, da cui deriverebbe questa visione distorta dei rapporti di forza all’interno della casa automobilistica.

Certo, resterebbe quella quota del 6,2% che il veicolo Banque publique d’investissement detiene nel gruppo. Ma quella, chiarisce sempre Repubblica, è «l’eredità di una storia più lunga» che riguarda la Peugeot e non garantisce certo al governo di Parigi di poter indirizzare come meglio crede le decisioni dell’azienda. Sarà vero? Fingiamo di crederci. Ma intanto da MilanoFinanza arriva la notizia che la partecipazione presto arriverà al 10%. Eh sì, perché nello statuto di Stellantis è previsto che dopo tre anni le azioni detenute dai soci valgano più di prima in assemblea. Exor (la capogruppo della famiglia Agnelli), secondo il quotidiano finanziario, avrebbe già esercitato l’opzione, portando i suoi diritti di voto al 25,9% del capitale. Ma presto lo faranno anche gli altri soci di controllo. Risultato: la quota degli Elkann verrà diluita e scenderà intorno al 22%, mentre quella della Peugeot salirà dal 7,13% (con un’opzione per salire fino all’8,5%) al 12%, mentre lo Stato francese vedrà il suo pacchetto di voti crescere almeno fino al 10%.

 

 

CHI COMANDA
Una situazione di parità, direte voi. Solo che, storia vecchia o no, il governo di Parigi controlla la metà del pacchetto francese. E il capo di Exor John Elkann nel suo futuro imprenditoriale tutto vuole fare tranne che mettersi contro l’Eliseo. Del resto alcuni degli affari più importanti chiusi dalla holding Exor negli ultimi anni si sono realizzati proprio al di là delle Alpi. Nel marzo 2021 la società degli Agnelli-Elkann è entrata nella maison francese Christian Louboutin come socio di minoranza con il 24% del capitale e un investimento di 541 milioni di euro. Nel luglio 2022 Exor ha acquisito il 10% di Institut Marieux, storica società francese di diagnostica, attraverso un aumento di capitale riservato di 883 milioni. Una raffica di investimenti resa possibile anche grazie alla cessione, per 8,6 miliardi, di Partner Re alla compagnia assicurativa francese Covéa. E qualche spicciolo, pari al 2,4% capitale, è stato puntato anche sulla startup dell’atomo pulito Newcleo, il cui business nei prossimi anni sarà tutto proiettato sulla Francia.

 

 

Non basta? Ci sono le dichiarazioni di Carlo Calenda, non smentite e confermate anche dai sindacati, secondo cui gli stabilimenti francesi di Stellantis, a differenza di quelli italiani, sono tutti pronti per i motori elettrici. Così come sembra che Oltralpe si registrino brevetti della società dieci volte più numerosi di quelli registrati in Italia. È notizia degli ultimi giorni, infine, la campagna lanciata da Stellantis, con tanto di opuscoli informativi, per convincere i fornitori a spostare la propria attività in Marocco, ex protettorato francese, dove il gruppo è già presente in misura massiccia e dove ha investito 300 milioni solo un paio di anni fa per raddoppiare la capacità produttiva e lanciare la piattaforma smart car. Ma se non è la Francia, nel cuore di John Elkann non sembra comunque esserci l’Italia. Dopo aver trasferito sede e quotazione di Exor in Olanda, è proprio nel Paese dei tulipani l’ultimo grande investimento della holding di famiglia, con l’acquisto del 15% (con possibilità di salire al 20) del colosso della salute Philips. Costo dell’operazione: appena 2,6 miliardi. 

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