Vuole figlio dal marito morto
D'Agostino: è necrofilia
Il desiderio di avere un figlio supera persino la morte del partner. E così una vedova inglese ha intrapreso una durissima battaglia legale per poter essere sottoposta a fecondazione artificiale. Il donatore? Lo stesso marito defunto al quale, poche ore dopo la morte, è stato prelevato lo sperma poi congelato. Secondo quanto riportato in esclusiva dal tabloin inglese 'Sun', nel 2007 la donna - non identificabile per ragioni legali - ha avuto il nulla-osta dell'autorità giudiziaria a prelevare il seme del marito, morto a trentun anni in seguito a gravi complicazioni sopraggiunte dopo un intervento chirurgico per appendicite. La vedova, davanti ai giudici, aveva fatto leva sul "diritto umano ad avere una famiglia". Quarantadue anni, già madre di una bambina, la donna ha in apparenza "un disperato desiderio di avere un altro figlio" ed per questo nei mesi scorsi si è rivolta alla magistratura chiedendo di potersi fare fecondare con il seme del defunto che è conservato nei frigoriferi della clinica dove è stato effettuato il prelievo. Il marito aveva infatti più volte espresso l'intenzione di diventare di nuovo padre e di dare così alla figlia un fratellino o una sorellina; da qui l'intenzione della moglie di esaudire il suo desiderio. Nel timore di non poter fare il bis la coppia avrebbe anche cercato ad un certo punto il consiglio di un medico specializzato in fecondazione in vitro. Ma il giudice Charles di Preston non ha trovato convincente e giuridicamente fondata la richiesta della vedova: secondo il togato non è possibile "rimuovere legalmente lo sperma da un morto che non ha dato in anticipo un esplicito consenso". Il caso di 'L' (così negli atti giudiziari pubblici viene chiamata la vedova) ricorda in una certa misura un altro caso diventato celebre qualche anno fa in Gran Bretagna: quello di Diane Blood, che alla fine di una lunga battaglia legale ottenne l'ok per farsi fecondare con lo sperma estratto dal cadavere del marito Stephen, morto nel 1995 per una meningite virale. Diane la spuntò perchè - a differenza di 'L' - potè dimostrare che da vivo il coniuge le aveva dato il consenso verbale. "Il caso della donna inglese non è certo nuovo", sottolinea il professor Francesco D'Agostino, presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica, "ma affonda le radici alla prima guerra in Iraq, quando molti soldati, prima di partire per il fronte, fecero congelare il loro sperma". Il caso creò molto dibattito negli Stati Uniti ed è ancora oggi al centro del dibattito etico. "La richiesta della vedova inglese", sottolinea D'Agostino, "nasconde sicuramente un carattere necrofilo, ossia la perversione di chi non riesce a separare la vita dalla morte". Il rischio di mettere al mondo un bimbo concepito attraverso l'impianto del seme di un defunto, aggiunge il professore, "è quello che il nascituro associ per tutta la vita l'immagine della gravidanza della madre e della sua nascita con quella della morte, con conseguenze che non possiamo immaginare. E non mi sembra il caso", conclude D'Agostino, "di cercare la risposta sulla vita di una creatura innocente". Un medico che scrive per il 'Sun', Carol Cooper, sulle pagine del tabloid ha spezzato una lancia a favore di 'L' pur avvertendo che tutta la questione è "un campo minato" sotto il profilo processuale. "Una moglie", scrive il medico, "può disporre degli organi del marito defunto se si tratta di cuore o reni. Non sembra giusto che non possa decidere su qualcosa di molto più importante per il suo futuro e cioè se può mettere al mondo un figlio con lo sperma del consorte".