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Biden e l'Ue fanno godere Hamas: gli ebrei prigionieri negli ospedali

Giovanni Longoni
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Hamas le sta buscando sul campo di battaglia ma nello scontro mediatico-diplomatico passa da un trionfo all’altro. La sua vittima, lo Stato alla cui distruzione si è votato il gruppo terrorista, cioè Israele, è a processo presso la corte internazionale dell’Aja. Sui media mondiali, poi, le sofferenze dei palestinesi riempiono le prime pagine e i servizi tv, ma solo in pochissimi casi si fa notare che i veri carnefici della popolazione di Gaza sono i suoi governanti, Hamas appunto, che ne impediscono l’allontanamento dalle zone in cui si combatte. Ma i successi più eclatanti per gli autori dei massacri del 7 ottobre si sono saputi solo ieri. A Bruxelles, Spagna e Irlanda hanno chiesto di sospendere l’accordo di associazione fra Ue e Israele (riguarda soprattutto economia e dazi). Josep Borrell ha detto che la Commissione sta valutando la richiesta. Per fortuna, un passo del genere prevede l’unanimità degli Stati. Ancora più grossa l’altra notizia: a lavorare per la causa di Hamas ci si è messo addirittura Joe Biden. Lo scrive il Washington Post, secondo cui l’amministrazione democratica si è messa all’opera con «un piccolo gruppo di partner del Medio Oriente» per formulare un piano di pace globale, che «potrebbe essere annunciato già nelle prossime settimane» e che prevederebbe la costituzione di uno Stato palestinese.

La reazione da Gerusalemme è stata inevitabilmente durissima: «Ora non è il momento di parlare di regali per il popolo palestinese», ha detto Avi Hyman, portavoce dell’ufficio di Netanyahu. Hyman ha ricordato che «siamo ancora all’indomani del massacro del 7 ottobre», «ora è il momento della vittoria, della vittoria totale contro Hamas». Sembra un concetto semplice: i terroristi vanno sconfitti. Poi si discute sul futuro della Palestina. Invece no: stavolta non funziona così. È come se dopo l’11 settembre gli Usa si fossero sentiti dire: «Attaccare l’Afghanistan per stanare Bin Laden? No ragazzi, prima si fa lo Stato palestinese». Stavolta, il no secco di Israele alla creazione di uno Stato palestinese in questo momento viene spacciato come un “muro di ferro” contro la pace.

 

 

Eppure i primi a volere una cosa come uno Stato palestinese pacifico sono gli israeliani perché, anche questo è un concetto elementare, se questa entità esistesse vorrebbe dire che anche Israele avrebbe diritto a esistere agli occhi di tutti i suoi vicini. Ma il punto è che le probabilità che nasca un simile Stato pacifico tendono allo zero. Fino a Ottobre, per vedere qualcosa di simile a un Paese per gli arabi di Terrasanta, bisognava andare a Gaza.

DUE REALTÀ
Lì il controllo del governo su territorio e popolazione era ferreo; e l’esecutivo era stato eletto in regolari elezioni. Peccato soltanto che a comandare fossero dei terroristi, il cui unico scopo è di distruggere lo Stato ebraico, a costo di scarificare tutto il popolo su cui governano. Non solo costringendolo ad attendere la morte sotto le bombe- e più ne muoiono meglio è perché il mondo si indigna con Israele - ma anche votandolo a una vita infame. A Gaza la gente abita in “campi profughi”, eppure Hamas ha la capacità di raccogliere miliardi di donazioni in tutto il mondo, senza contare che al largo della Striscia si trovano giacimenti petroliferi enormi. Ma a gente come Haniyeh e soci il benessere del popolo non interessa.

 

 

A Gaza, lo ha rivelato Margherita Stancati del Wall Street Journal già a dicembre, la gente si è resa conto di essere finita nelle mani di una gang criminale e c’è chi ha il coraggio di criticare i capi che aveva votato. Diversa è la percezione che hanno di Hamas nella disastrata Cisgiordania. Lì i macellai del 7 ottobre sono eroi popolari. La gente è stanca della corruzione, del doppiogiochismo e della incapacità dei leader di Fatah, il partito laico di Abu Mazen. Se ci fosse davvero uno Stato palestinese, alle prima elezioni il vecchio braccio destro di Yasser Arafat verrebbe spazzato via. I vertici dell’Anp a Ramallah sanno benissimo questo, tant’è che in Palestina si è smesso di indire elezioni dal 2005. Il motivo? Fu quello il primo voto dopo la morte di Arafat e vincitore delle legislative risultò Hamas. Dopo lo spoglio delle schede, le fazioni corsero ai kalashnikov, e il movimento islamista si asserragliò nella Striscia.

STRAGISTA IN AMBULANZA
Solo pavidi europei benpensanti o americani preoccupati per il voto degli islamici del Michigan possono chiudere gli occhi sulla prospettiva che uno Stato palestinese presto o tardi finirebbe nelle mani di Hamas o magari di qualcosa anche peggiore. Cosa sia Hamas lo si è poi costatato di nuovo ieri: mentre veniva comunicata la morte dell’ostaggio Yair Yaakov, 59 anni, nelle mani dei jihadisti, le forze di difesa israeliane effettuavano un blitz all’ospedale Nasser di Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza. Si muovevano sulla scorta di rapporti dell’intelligence circa il fatto che nel nosocomio fossero tenuti prigionieri alcuni ostaggi ebrei. Decine di terroristi sono finiti in arresto, tra di loro un ambulanziere che era fra le bestie del 7 ottobre. 

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